29 dicembre 2007

Dizionario: A

Particolarità di questo dizionario
Ormai trovare i significati delle parole giapponesi è veramente facile. Anche l'uso che si fa di certi tecnicismi è spiegato ovunque (pensiamo solo al vasto spazio nella Wikipedia riservato ad anime e manga).
La sfida di questo dizionario non è nelle spiegazioni, ma nel modo in cui queste vengono effettuate... insomma, negli esempi, tratti da anime o manga conosciuti (potreste scoprire particolarità che non avevate notato), o poco noti (tra i quali ci potrebbero essere titoli di vostro gradimento, perchè no). Nei commenti quindi sarebbe bello poter leggere non solo i vostri pareri sul lavoro, ma anche i vostri consigli, le vostre esperienze, richieste di termini che non conoscete o magari errata corrige. Ah, anche vostri contributi, perchè no!

Alcune note sulla pronuncia
La "U" praticamente non si legge ("suki" si leggerà più o meno "ski")
Il dittongo "OU" si pronuncia come una "O" lunga e traslitterato si può trovare anche come "ō".

Specificato questo, cominciamo col dizionario vero e proprio.


AA, intesa come prima lettera dell'alfabero giapponese, che col nostro ha solo questa somiglianza. Intanto, oltre ai kanji (cioè i famosi ideogrammi), vengono usati 2 alfabeti sillabici, l'Hiragana (l'alfabeto "normale") e il Katakana. Ho pensato di linkare (tabella 1; tabella 2; tabella 3) l'immagine del katakana, l'alfabeto usato per trascrivere i nomi stranieri e per attirare l'attenzione del lettore su un dato termine (una sorta di grassetto o corsivo). Con alcuni accorgimenti (se volete li spiego nei commenti) vi permetterà di scrivere il vostro nome in giapponese.
A parte questo, l'alfabeto può tornare utile nei manga e negli anime ad ambientazione scolastica, dove capita che facciano l'appello giusto per scoprire che il protagonista della serie è puntualmente assente.
Esempio
In una delle puntate di Yu Yu1 accade proprio quanto detto sopra: Yusuke fa di cognome Urameshi... beh, il suo nome, cominciando con la terza lettera dell'alfabeto (e non la ventesima), è tra i primi ad essere fatto.

AHO/AHOU = stupido (v. Baka)

AIAI = Amore
Termine indispensabile in anime e manga. Per gli adolescenti (e non) che amano dire "ti amo" in tutte le lingue del mondo, ecco come lo direbbero i giapponesi: 愛している ("aishiteiru").
Come per noi italiani, non esiste in giapponese un solo modo per esprimere un sentimento d'amore. Molto diffuso in anime e manga è "suki", che letteralmente vuol dire "mi piace/i". Si può usare un po' per qualsiasi cosa (cibi compresi) ma avendo un significato molto meno "potente" di "ai" si adatta bene alle atmosfere dolci e innocenti degli shojo (i manga per ragazze): è una sorta di "ti voglio bene", insomma, e sentire "suki" al posto di "ai" da la sensazione di un sentimento delicato e affettuoso.
MODIFICA del 19.01.2008: ho fatto recentemente caso a un altro modo per dire "amore", cioè "koi": dall'uso che ne fanno (sulla base dei miei esempi) sembra non avere particolari sfumature d'uso o intensità di sorta. E' come se descrivesse "un dato di fatto" puro e semplice, tanto che l'amante (inteso in senso etimologico) si dice "koibito", cioè "persona che si ama". (filmatino di esempio al commento #49)
Esempio
Ecco alcune scene dall'anime Loveless2. Il protagonista, Ritsuka, per una serie di vicende parecchio spiacevoli, si interroga spesso su cosa sia l'Amore, ancor di più dopo aver conosciuto Soubi, che del termine "suki" fa un uso "esagerato" e a volte contraddittorio.

AKUMA = diavolo, demone (v. Bakemono)

ANATA = Tu
Siamo in piena grammatica giapponese, eppure il rischio s'ha da correre per poter spiegare alcuni usi particolari a) di questo pronome, b) della resa in giapponese della seconda persona singolare.
a) Per quanto grammaticalmente corretto, dire "tu/anata sei, fai, etc" non va sempre bene, anzi. Per parlare con la persona che abbiamo davanti useremo "anata" solo se vogliamo dimostrare un grado di confidenza veramente alto... tanto alto che negli anime è così che sentiamo le mogli rivolgersi al marito: in quel caso può essere tranquillamente tradotto come "caro".
b) E allora come fanno a rivolgersi all'interlocutore? La forma più comune (ed educata) è il parlare in terza persona, usando come soggetto il cognome (o il nome) dell'interpellato o la professione. Esistono poi dei pronomi alternativi, il cui uso denota, di caso in caso, maggior confidenza ("kimi") o addirittura maleducazione ("omae", "anta"). "Kisama" e "temee" sono poi veri e propri insulti: è come se dicessimo "tuuuu!!! Brutto *censura*!!!".
Esempio
Per la questione dell' "anata=caro" non credo servano particolari spiegazioni, così come per gli altri pronomi citati: fateci semplicemente caso ;) . Piuttosto ecco pochi secondi dalla puntata 10 di D.Gray-man3, in cui è facile capire l'uso della terza persona usata come un "tu" (grazie al nome "comprensibile" dell'interpellata, Miranda(-san), con cui Allen sta parlando direttamente; Allen comunque parla sempre come un libro di grammatica...).

兄貴ANIKI = Fratello maggiore.
E' un termine caro alla Yakuza, la mafia giapponese: i subalterni si rivolgono così ai loro superiori e mentori, purchè questi non siano il capo (quello lo chiamano "capo", logicamente).
L'uso di un termine del genere in un manga o in un anime, inoltre, richiama la struttura mafiosa anche in contesti che di mafioso non hanno nulla, garantendo una certa ironia sia sul personaggio che usa il termine sia su colui al quale si rivolge.
Esempio

Esempio fresco di edicola il numero 8 di Host Club4, in cui il primogenito di un capo della Yakuza si rivolge con questo termine a uno dei protagonisti, per esprimergli la sua devozione (non che Mori ne sia entusiasta) (ricordo che i fumetti dei manga si leggono dall'alto in basso e da destra a sinistra). Ecco la stessa scena ripresa nella puntata 22 dell'anime (per la cronaca, il tipo non si chiama veramente Bossanova...).

ANIME = cartone animato giapponese
Vale sia per serie tv che lungometraggi o OAV; deriva dalla parola inglese "animation" (e infatti è scritto in katakana).
Il vero pioniere dell'animazione giapponese è Osamu Tezuka, il "dio del manga", che curò personalmente la trasposizione su piccolo schermo dei suoi manga, fin dalla fine degli anni '50: l'anime di Astroboy (Tetsuwan Atomu, "l'atomo potente", come si può sentire nella prima sigla), del 1963, è uno dei primissimi trasmessi dalla tv giapponese, se non il primo.
Sui dettagli storici è meglio non soffermarsi, forse in futuro potranno essere oggetto di un post a parte...

ARIGATOU = Grazie
Vi piacerebbe che fosse così semplice! E invece, siccome i giapponesi hanno un fortissimo senso delle gerarchie sociali e ci tengono a rivolgersi nel modo corretto a chiunque si trovino davanti, hanno solo quella tonnellata di modi per dire Grazie... Eccone alcuni.
ARIGATOU GOZAIMASU (o gozaimashita): l'ideale per ogni occasione, sicuramente educato, diventa formalissimo, quasi retrò se usato nella forma tra parentesi.
ARIGATOU: meno formale, da usare se si ha a che fare con persone che si conoscono.
DOUMO: viene usato principalmente dai maschi o dalle ragazze che hanno un modo di fare un po' grezzo, e già questo rende l'idea del tipo di utilizzo. Può risultare pure scortese, se rivolto a qualcuno verso cui dovremmo comportarci con maggior rispetto.
Esempio
Nell'anime xxxHOLiC5, Doumeki è un ragazzo di poche parole con un modo di fare naturalmente sfacciato, che tratta tutti con totale spontaneità, senza preoccuparsi di essere formale: ringrazia poco, e quando lo fa usa "doumo". Himawari invece è una ragazza molto gentile ed educata (a tratti fastidiosa, n.d.Miz); dice "hontouni arigatou", traducibile con "grazie veramente"; in ogni caso è raro che usi "arigatou" da solo.

ATASHI = io (pronome femminile) (v. boku)




NOTE
1Manga: Yu Yu Hakusho, di Yoshihiro Togashi, edito in Italia dalla Star Comics come Yu degli Spettri. Anime: Yu Yu, 112 puntate, trasmesso in Italia da Mtv e La7.
2Manga: Loveless, di Yun Kouga, inedito in Italia; Anime omonimo di 12 puntate (I serie), recuperabile sottotitolato in italiano. Loveless è uno "shonen ai", cioè tratta di "amore tra ragazzi" visto in un ottica tutta femminile (arrivati alla "S" avrò modo di spiegare cosa si intende).
3Manga: D.Gray-man, di Katsura Hoshino, edito in Italia dalla Planet Manga. Anime omonimo tuttora in prosecuzione e recuperabile sottotitolato in italiano.
4Manga: Host Club, di Bisco Hatori, edito in Italia dalla Planet Manga. Anime: Ouran Koukou Host Club (et similia), 26 episodi, recuperabile sottotitolato in italiano.

5Manga: xxxHOLiC, delle Clamp, edito in Italia dalla Star Comics. Anime omonimo tuttora in prosecuzione, al momento è possibile recuperare la prima serie (24 episodi) sottotitolata in italiano.

Copyright di immagini e video degli aventi diritto; un ringraziamento va anche ai vari gruppi di fansubbers che diffondono in Italia le novità giapponesi.

Argomenti correlati: Dizionario: 1-10, Dizionario B, Dizionario B (2) - C

28 novembre 2007

I Cieli di Escaflowne

Gaea, un pianeta dal quale è possibile osservare sia la Luna che la Terra stagliarsi nella volta celeste, è la landa immaginaria dove si sviluppano i 26 episodi de "Tenkū no Esukafurōne" il bellissimo anime di Hajime Yadate e Shoji Kawamori anche noto come "The Vision of Escaflowne" ed italianizzato ne "I Cieli di Escaflowne".
Nato in principio come manga, ha visto il successo in prevalenza proprio per le puntate televisive (successivamente ne verrà prodotto anche un OAV), che in Giappone andarono in onda nel 1996 per conto della Sunrise, mentre in Italia si è dovuto aspettare MTv nel 2001.
I suoi personaggi sono caratterizzati da un insolito naso allungato, che però non stona minimamente con i visi ben definiti e le corporature snelle che i creatori hanno loro attribuito; gli scenari sono curati nel dettaglio, con paesi ricchi di particolari e vallate rigogliose e verdeggianti. Ma vi è anche estrema finezza nel disegnare armi da guerra e robotici guerrieri; sì, perché è proprio con l’ausilio di automi comandati da persone che si combatte su Gaea, automi noti come ‘Guymelef’. Van Slanzar de Fanel, re di FaneliaIl più importante fra questi, capace di mutarsi anche in drago, è l’Escaflowne, nel cui Energist, che ne è il cuore, scorre il sangue del re di Fanelia, Van Fanel ('Ban Fanel' nella versione nipponica) , il quale si ritrova a dover fronteggiare la terribile minaccia bellica dell’impero di Zaibach.
Prima di essere investito sovrano, il ragazzo ha dovuto affrontare un orribile drago ed a causa di un portale si è ritrovato a doverlo battere proprio sulla Terra (che gli abitanti di Gaea conoscono come 'la Luna dell'Illusione'), in una pista d’allenamento di Tokyo, dove una sua coetanea stava gareggiando per poter ricevere il primo bacio dal suo sempai. Hitomi ed il suo pendenteLa ragazza in questione è Hitomi Kanzaki, quindicenne con doti paranormali che sfrutta grazie ad un ciondolo particolare, donatole da sua nonna, e che le permettono di salvare la vita a Van, impedendo che il drago lo uccida con una codata. Da allora, la sua vita sarà legata a quella del giovane: verrà infatti trasportata con lui su Gaea e grazie ai suoi poteri si ritroverà a cambiare di volta in volta le sorti di chi le sta vicino.
 Alleanze e guerre, amore ed odio, amicizia e rinnego: questi saranno i leit motiv di ogni puntata, di volta in volta scosse da rivelazioni inaspettate, come legami di sangue e memorie nascoste. La voglia di lottare, di sperare che tutto possa finire nel migliore di modi, di non arrendersi nemmeno dinnanzi alle sofferenze più atroci: questo caratterizza la parte del bene, che vede il suo perno proprio in Van. Discendente da parte di madre dell'ormai estinta stirpe di Atlantide, dalla genitrice ha ereditato anche la sua vera natura di "Ryuujinbito": all'occorrenza, può fare ricorso ad un paio di enormi e candide ali piumate che ne vanno a caratterizzare la schiena, facendolo apparire agli occhi di Hitomi come un angelo. L'EscaflowneEgli ha avuto un’infanzia segnata dall’abbandono e dal distacco e di questo ne ha risentito crescendo, divenendo una persona che esterna poco i suoi sentimenti; tuttavia, il carattere chiuso non gli impedisce di provare, poco a poco, qualcosa per Hitomi, forse fin dall’inizio del loro incontro; ma la ragazza ha la mente altrove e divide pensieri fra il suo sempai rimasto a Tokyo e per Allen, un bellissimo cavaliere dalla folta chioma bionda e dai lucenti occhi azzurri. Volente o nolente, lei però sente che il suo destino è in qualche modo segnato dall’Escaflowne e, di conseguenza, da Van, che man mano diverrà tutt’uno con il robot arrivando a provare sul suo corpo i danni subiti dal suo Guymelef.
La storia prende molto, perché vede l’unione di elementi e sentimenti differenti e lo scontrarsi di parti avverse e parti alleate per il compimento dei propri interessi; vi è la classica lotta fra il bene ed il male, però proposta sovente in maniera cruenta: centri abitati dati alle fiamme, innocenti costretti all’esodo ed alla separazione, sangue che abbonda ora da una parte, ora dall’altra. Ma c’è tantissimo spazio anche per l’amore, soprattutto quello fra uomo e donna, e per l’eterno timore di non trovare l’altro disposto a corrispondere i propri sentimenti. E piano piano si cresce: Van diventa giorno dopo giorno più bravo nel combattimento e sempre più coraggioso; come lui stesso dice, non darà mai le spalle al nemico. Hitomi, invece, soffre molto per le sue visioni, la maggior parte delle volte presagio di morte, e le sarà sempre più duro cercare di evitare che si avverino avvertendo in tempo gli interessati. Hitomi stretta a Van dotato delle aliLa sofferenza più forte la avverte ogni qualvolta il re di Fanelia è in pericolo e ben presto comprende che il suo ciondolo è legato all’Escaflowne allo stesso modo in cui lei è legata a Van. Il contatto fra i due è fonte di emozioni indescrivibili: ognuno c’è per l’altro, e questo è di conforto sia per lei, che si trova tanto lontana dalla Terra e dai suoi affetti, che per lui, orfano di entrambi i genitori e fratello di un uomo passato dalla parte del nemico. La sigla iniziale canta “Yakusoku wa Iranai”, ovvero “Non ho bisogno di una promessa”; forse perché fra Van e Hitomi non vi è bisogno di alcun impegno di non dimenticarsi reciprocamente, una volta che lei farà ritorno a casa.
Ammesso che non sia stato tutto un sogno, o, forse, un'illusione.

10 novembre 2007

Kanon

SERIE:
Creata da Itaru Inoue e nata da un gioco per pc (che sfoggiava immagini hentai). E' composta da 13 episodi, più un OAV. Nel 2006 è stato lanciato il progetto di creare il remake della serie che, stavolta, dovrebbe contare 24 episodi. Entrambe le serie non sono ancora arrivate in Italia.

TRAMA:
La storia, con qualche spunto magico, ruota attorno a Yuuichi Aizawa, ritornato in Giappone dopo 7 anni vissuti all'estero. Non ricorda praticamente nulla della sua infanzia trascorsa nella città della cugina. Man mano che i giorni trascorrono e incontra un paio di persone, appaiono nella sua mente delle scene, ha dei flashback che in quel momento non si spiega. Alla fine ritroverà la sua memoria. Motore della vicenda sono le promesse che ha fatto da bambino ad altre due bambine, nonchè compagne di giochi.

PERSONAGGI:
La cugina di Yuuichi è Nayuki Minase. E' un po' fissata con le rane come testimonia il grosso peluche Keroppi e il pigiama che indossa. E' una ragazza dolce e gentile. Fa parte del club di atletica della scuola ed è sempre disponibile con tutti. Non riesce a svegliarsi la mattina, nonostante le 25 sveglie rumorose piazzate in camera. E' molto legata al cugino, per cui prova qualcosa.

Ayu Tsukimiya, nominata dalla sottoscritta "miss uguuu", è una ragazza un po' bizzarra che adora mangiare un dolce tipico giapponese che, quasi sempre, ruba. Porta sempre con sè un simpatico zainetto con delle ali. Ayu si scontra ripetutamente con Yuuichi e in qualche modo, le loro vite sono intrecciate da sempre. E' alla perenne ricerca di qualcosa che non ricorda.

Shiori Misaka è una ragazza dolcissima che incontra Yuuichi per caso. Non può frequentare la scuola per motivi di salute, ma spesso fa una capatina alla scuola dell'amico per passare un po' di tempo insieme. Sebbene sia una ragazza solare e allegra, spesso sul suo volto si nota tristezza. Ama disegnare e non si separa mai dalla sua stola.

Mai Kawasumi è molto introversa e ha solo un'amica. Yuuichi la incontra di notte a scuola mentre la ragazza combatte con dei mostri che sembrano infestare la scuola. Ogni volta che capita è sempre sgridata e punita dal consiglio studentesco. Non ha mai protestato o detto alcunché e tutti la considerano la pecora nera dell'istituto.

Makoto Sawatari ha lo scopo di attaccare ripetutamente Yuuichi, ma non ricorda assolutamente cosa le ha fatto il ragazzo. Quando si trasferisce a casa sua, gli fa ogni genere di scherzi possibili ed immaginabile, ma alla fine i due riescono ad andare d'accordo. Yuuichi non si ricorda di lei, nè può chiedere aiuto alla ragazza perchè l'amnesia di Makoto è molto più grave di quanto si pensi. Col tempo i due iniziano ad andare d'accordo.

OAV:
Ne esiste solo uno ed è una puntata a tutti gli effetti, anche se non la si può classificare totalmente come 14esima. Per certi versi è una pre/post-puntata 13esima.

Impressioni:
Sebbene il disegno non piaccia a tutti, io ho trovato questo "dramma sentimentale" parecchio intenso. La storia merita e c'è davvero da trasformarsi in una fontana. La storia più drammatica è quella di Makoto che non sto qui a raccontarvi altrimenti farei dello spoiler gratuito e non bisogna rivelare mai tutto nella vita. La ragazza in questione non è mai stato il mio personaggio preferito, anzi mi stava pure un po' antipatica, ma col tempo l'ho rivalutata parecchio. Il mio personaggio preferito, soprattutto dal punto di vista mentale, è Mai, che tra l'altro è proprio disegnata bene, segue a ruota Ayu.
La storia, come dicevo, è un mix tra magia, dramma e piccole gag, ma non mancano i colpi di scena. Mi verrebbe da dire che è "soffice" ma allo stesso tempo straziante. La fine lascia l'amaro in bocca nonostante tutto. Volendo essere più obiettivi, qualche buco nella storia c'è, ma nel complesso non posso che consigliare di vederlo se piace la storia o si è incuriositi. Ovviamente senza dimenticare i kleenex...



Scritto da mulaky

9 ottobre 2007

Devilman - L'uomo Diavolo

In principio erano i demoni, creature mostruose nate dalla fusione degli esseri viventi più disparati. Dominavano la Terra prima dell'avvento dell'uomo, in un clima di primitivo e violento terrore ove vigeva la legge del più forte. Poi vennero le glaciazioni e i demoni furono imprigionati nelle profondità dei grandi ghiacciai.
Il professor Asuka, archeologo di fama internazionale, durante una spedizione tra le rovine di un'antica civiltà Maya, conobbe tutta la verità sull'esistenza dei demoni e quando tornò in patria non fu più lo stesso. Divenne sadico e malvagio fino al giorno in cui, dopo aver tentato di divorare suo figlio, decise di mettere fine alla propria esistenza dandosi fuoco.
Ryo Asuka, unico figlio del professore, rovistando tra gli appunti del padre, si rese conto che il celebre archeologo era stato posseduto da un demone. Seppe così che i demoni si erano destati dal loro sonno millenario e che si apprestavano a riconquistare la Terra.
Un giorno il giovane Ryo si presentò dinanzi al suo unico vero amico: Akira Fudo. Akira era sempre stato un ragazzo codardo, ma dal cuore puro e dai sentimenti onesti. La sua famiglia si era trasferita all'estero e, dato che lui doveva completare gli studi, era stato ospitato dalla famiglia Makimura che lo aveva sempre trattato come fosse loro figlio. Secondo Ryo esisteva un solo modo per riuscire a contrastare i demoni: fare in modo che uno di essi si fondesse con un uomo capace di dominarne gli istinti, affinché la natura demoniaca non prevaricasse quella umana. La scelta ricadde su Akira.
La fusione avvenne, Akira Fudo fu posseduto dal grande demone Amon e da quel momento divenne Devilman, altrimenti detto l'uomo diavolo.

   


Pur essendo composta da soli tre volumi (ristampata recentemente in una nuova edizione da cinque), l'opera di Go Nagai possiede una ricchezza ed una profondità particolarmente rare, che fanno leva sui principi del bene e del male che convivono nell'uomo. Go Nagai indaga sulle due facce della stessa medaglia portando in superficie gli istinti carnali, primordiali ed oscuri che albergano in ciascuno di noi, nell'ambito di un equilibrio tanto instabile da condurre inevitabilmente all'autodistruzione.
Dopo la fusione Akira cambiò radicalmente. Divenendo scontroso e a tratti persino violento, ma riuscì comunque a dominare l'istinto del demone che lo possedeva. Questa sua duplice e contrastante natura fece innamorare la giovane figlia dei Makimura, Miki, che viveva sotto lo stesso tetto di Akira. Miki non conosceva il segreto di Akira e lui ritenne opportuno fare di tutto per nascondergliela, limitandosi a proteggerla a sua insaputa. A questo punto il racconto di Go Nagai si tinge di nero, attraverso il susseguirsi di una serie di brevi episodi di rara crudeltà quotidiana: una madre che tortura il suo unico figlio; una bambina divorata dal demone-tartaruga Jinmen, il cui volto e la cui coscienza restano impresse sul suo guscio; un gruppo di ragazzi controllati da orribili tarantole aggrappate alla testa; una giovane studentessa costretta a convivere col suo corpo demoniaco capace di secerne liquidi che corrodono ogni cosa. Insomma, non si può certo dire che a Go Nagai manchi la fantasia, come neppure si può dire che non sappia dipingere l'orrore nella sua forma più pura, profonda e radicata.
E così, giorno dopo giorno, Akira si vide costretto ad affrontare sè stesso e i demoni che insidiavano la razza umana. Si, perché i demoni erano troppo furbi per riconquistare il pianeta dichiarando guerra aperta all'umanità: erano consapevoli delle armi create dall'uomo, ma conoscevano bene anche tutte le sue debolezze e le sue paure. Decisero quindi di optare per una fusione indiscriminata: presero a impossessarsi di persone normali, comuni lavoratori, casalinghe, studenti delle superiori e via dicendo. Alcuni di questi si tramutavano in orrende creature dalle apparenti sembianze umane; altri, non sopportando il peso della fusione, morivano manifestando apertamente la loro natura demoniaca sotto lo sguardo sbigottito e impotente dei passanti. A quel punto divenne chiaro a tutti che chiunque poteva nascondere un demone dentro di sé e in breve tempo il terrore dilagò a macchia d'olio. In tutto il mondo vennero istituite speciali squadre anti-demone e l'umanità cadde vittima di una seconda epoca inquisitoria, ancora più devastante della prima. l'obbligo morale di denunciare alle autorità chiunque fosse stato anche solo sospettato di essere un demone si diffuse come il peggiore dei virus e tanti uomini innocenti caddero vittime delle spietate pattuglie anti-demone. Nel giro di pochi mesi le cose precipitarono e, se in un primo momento il compito di Devilman era quello difendere la Terra dai demoni, ben presto si ritovò a proteggere l'umanità da sé stessa. Ma l'odio e la crudeltà umana si dimostrarono ben più violente dei primordiali istinti demoniaci e lo stesso Akira capì di essere del tutto impotente nell'affrontare l'odio generato dall'uomo nei confronti dei suoi simili.

   


Infine il tragico epilogo. Per difendere la famiglia di Miki, Akira fu costretto a rivelare apertamente la sua vera identità demoniaca e a fuggire lontano dalla sua amata, con la promessa che avrebbe continuato a proteggerla. Miki giurò ad Akira che avrebbe fatto il possibile per sopravvivere e che, una volta che tutto questo fosse finito, si sarebbero finalmente ricongiunti. L'obiettivo di Akira era quello di cercare altri devilmen come lui. Si rese conto che, durante la precedente fase di fusione indiscriminata ad opera dei demoni, potevano essere nati altri devilmen, così come era capitato a lui: l'amore di Miki l'aveva spinto a credere che, nonostante tutto, l'umanità meritasse ancora di essere salvata e l'unico modo per farlo sembrava essere proprio quello di organizzare un esercito di devilmen, così da ingaggiare una battaglia all'ultimo sangue contro i nemici dell'uomo. Nel frattempo, quando il quartiere seppe che la famiglia Makimura aveva ospitato un devilman in casa propria per tutto quel tempo, cominciarono a diffondersi inquietanti ed insidiose dicerie sul loro conto. D'altronde Miki era sempre stata una ragazza affascinante e tutti coloro che in passato avevano segretamente subito questo suo fascino cominciarono a giustificare la loro debolezza d'animo accusando la ragazza di essere una creatura dagli oscuri poteri. Una notte, una folla inferocita di cittadini, armati di bastoni, randelli e ardenti fiaccole, assediò la casa dei Makimura. Uccisero brutalmente tutta la famiglia. Miki si difese fino allo stremo delle proprie forze e, prima di essere linciata, invocò tra sé il perdono Akira per non essere stata capace di sopravvivere a tutta quella ferocia. Alle prime luci dell'alba, mentre Akira rientrava a casa dei Makimura per poter finalmente riabbracciare la sua amata, vide una folla esaltata portare in trionfo un macabro trofeo: la testa della giovane Miki impalata in cima a una lunga asta di legno.
I demoni a quel punto ebbero gioco facile e ben presto l'umanità si ritrovò decimata. Ma lo scontro finale doveva ancora avvenire: dopo una lunga battaglia tra demoni e devilmen sopravvissero soltanto i rispettivi capi delle due fazioni nemiche: Satana e Amon. Satana si rivelò essere la vera identità di Ryo Asuka, l'amico d'infanzia di Akira. Sul finale l'angelo ermafrodita cacciato dal Paradiso raccontò di essere sempre stato innamorato di Akira e di averlo fatto possedere dall'invincibile Amon non per difendere l'umanità, bensì nella speranza che potesse sopravvivere ad essa. Dopo la lunga e malinconica rivelazione di Ryo, Akira chiuse gli occhi e si addormentò per sempre tra i resti di una Terra ormai devastata.


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N.B. Le tavole riportate rispecchiano il formato originale dell'opera, dunque eventuali dialoghi (mi riferisco nello specifico alla tavola numero cinque) andranno letti nell'ordine inverso: dall'alto verso il basso e da destra verso sinistra.



Scritto da Deeproad

20 settembre 2007

Death Note

Una partita a scacchi.
Di quelle serie però, di quelle giocate dai grandi campioni dotati di una mente tale da prevedere in anticipo le mosse dell'avversario; con la sola (?) differenza che pedoni, alfieri, torri, cavalli e regine sono degli esseri umani, manovrati (e sacrificati) abilmente dai 2 re.
La scacchiera? Una Tokyo che presto sta stretta, spostando la partita su scala globale.
Il mezzo? Da un lato la tecnologia della polizia giapponese e di un geniale investigatore, dall'altro il Death Note.


Beh, presentiamo i pezzi disposti su questa scacchiera, allora.

I pedoni.
I pedoni degli scacchi sono anonimi, tutti uguali e limitati nei movimenti. Nella partita di Death Note invece devono avere un nome: "The human whose name is written in this note shall die". Quelli bianchi sono quelli a disposizione della polizia, quelli neri del possessore del Death Note... poi ce ne sono altri che non c'entrano con la partita: c'è un brusio continuo di pedoni che scompaiono, per tutta la storia.
Alfieri, torri, cavalli, regine. Entrambi i giocatori hanno dei pedoni un po' più importanti - non si può definirli diversamente - che scelgono di muovere con maggior libertà e che sono a conoscenza di parte della strategia.
Re. Imbrigliati nelle maglie tessute dall'avversario, i due re mandano avanti tutti gli altri pezzi secondo uno schema di anticipazioni e mosse preparatorie che è il vero nucleo della storia.
- Il re bianco è L (proprio la lettera), o Riuzaki (nome fittizio). Di lui non si sa nulla se non quello che mostra di sè: un ragazzo indubbiamente strano, pieno di tic e con la passione per i dolci. Un ragazzo prodigio che in varie occasioni aveva aiutato la polizia a risolvere casi intricatissimi e che ora è chiamato a capire e fermare il serial killer che sta uccidendo a suon di attacchi cardiaci i criminali ("If the cause of death is not specified, the person will simply die of a heart attack").
- Il re nero è Light Yagami. Light è Kira, colui che, spinto da un deviato (o no?) senso di giustizia, sceglie di usare il Death Note per punire. Kira raccoglierà numerosi fan (saranno loro a dargli questo nome, "killer" pronunciato dai giapponesi), ma non manca chi lo avversa, in primis suo padre, il capo della polizia di Tokyo.
Gli shinigami. Eh? Su una scacchiera? Beh, sono un po' gli spettatori, un po' gli organizzatori dello spettacolo: sono gli dei della morte, naturali possessori dei Death Note coi quali dovrebbero gestire vita e morte degli esseri umani dal loro mondo... Non è bello da dire, ma tutto questo gran casino tra L e Kira è causato dalla noia mortale di uno di loro, Riuuk, che lascia cadere sulla Terra un Death Note che gli avanzava.
Dire i nomi di tutti gli altri ci interessa poco, ve l'assicuro. Una volta che siamo entrati nell'ottica che sono tutti pedine nelle mani dei due giocatori di loro poco ci fregherà (anche se, chiaramente, la storia ce li propone egregiamente, con le loro speranze e le loro paure, i loro desideri e le loro aspirazioni...)

Le regole, infine, sono quelle dettate dal Death Note.

Della storia non si può dire veramente di più. Immagino sia chiaro che non è possibile raccontare oltre senza togliervi la possibilità di capire autonomamente i perchè delle mosse dei due giocatori.
Posso dirvi che avete 3 possibilità di scoprirla: manga, anime e film.
I 12 numeri del manga e le 37 puntate dell'anime viaggiano sulla stessa lunghezza, le differenze sono minime (a quanto ho potuto al momento riscontrare). C'è da dire che entrambi si spostano oltre la storia che vi ho accennato: nell'anime dalla puntata 27 inizia una seconda partita a scacchi, a dire il vero meno intensa della prima...
Col film (inevitabilemente) le differenze sono notevoli. Coi film, anzi: Death Note e Death Note - The last name. La storia si ferma alla "prima partita" tra L e Kira e la necessità di far stare tutto in 4 ore causa cambiamenti nella trama, tanto che si può dire che anime/manga e film arrivano allo stesso finale ma per due strade diverse, sovrapponendosi solo in alcuni passaggi chiave.
Sono modifiche intelligenti, non raffazzonate, ma che causano un appiattimento emotivo nella storia: l'anime e il manga sono caotici, neanche i protagonisti spesso hanno le idee chiare (sono pur sempre esseri umani) e la confusione aumenta tra la gente comune (spaccata in due tra un senso di giustizia sano ma inerme e uno malato ma efficace), è tutto meno orchestrato, insomma, ma la possibilità di avere più spazio (in tankoubon e puntate) permette di spiegare comunque gli eventi. Nel film invece la trama tessuta da L e Kira fila liscia fino alla conclusione, intrecciandosi perfettamente a formare un quadro geniale.

C'è solo un'ultima cosa da dire: il manga è stato presentato come uno dei rari successi in cui il protagonista è cattivo. Beh, Light/Kira magari non è cattivo, a voi decidere... ma certamente non è normale: la sua fortissima e controversa personalità deve aver spinto gli sceneggiatori del film a ridimensionarlo, almeno all'inizio: nel film infatti Light è uno studente di legge con un forte senso di giustizia e fiducia nella polizia, ma che dopo aver assistito a una palese ingiustizia rimasta impunita ottiene da Ryuuk il Death Note e diventa (seppur con qualche iniziale esitazione) un dio punitore. Nel manga/anime invece queste sue velleità divineggianti sono manifeste da subito e le esitazioni ridotte a zero: Light accetta una forza assoluta e divina certo di essere la persona giusta per applicare la vera giustizia. Chissà, magari presentare sullo schermo un'anima umana così nera ha messo paura agli sceneggiatori... E' infatti inevitabile che chiunque abbia visto questa storia, a un certo momento (per ognuno diverso) abbia pensato che forse Kira tutti i torti non li ha...

2 settembre 2007

Full Metal Panic! - Full Metal Panic? Fumoffu

FULL METAL PANIC!

ANIME:

Come tutti gli anime che si rispettino, pure questo conta ben 24 puntate. Molte puntate si diramano per più blocchi. Ci saranno solo due o massimo tre puntate che servono per allungare il brodo, ma nel contesto ci stanno molto bene. Non ho ben idea di quale possa essere il “genere” specifico per l’anime di Shouji Gatou perché è per ragazze (il lato più sentimentale) e per ragazzi (guerre, robottoni vari e combattimenti). Comunque, tralasciando questa distinzione che alla fine nemmeno serve, bisogna dire che originariamente FMP è una serie a romanzi, distinti in filoni centrali (dai quali nasceranno gli anime Full Metal Panic! e Full Metal Panic! The second Raid) e in filoni umoristici demenziali (dai quali nascerà Full Metal Panic? Fumoffu!).

Trama:
Una giovane sedicenne molto carina, Kaname Chidori, è molto importante per gruppi terroristici del KGB. In realtà sono interessati alla sua memoria dove sono immagazzinati, fin da prima che nascesse, informazioni riguardanti una nuova tecnologia altamente sofisticata, la Black Technology. Kaname non lo sa, ma è una Whispered. Per fermarli, allora, un’organizzazione militare formata da mercenari devoti alla giustizia, la Mithril, manda uno dei suoi migliori soldati, il sergente Sousuke Sagara, per proteggere la ragazza. Il ragazzo, anch’esso sedicenne, viene spacciato come studente della stessa classe di Chidori. L’integrazione sarà quanto di più divertente si sia mai visto in giro: lui è sempre cresciuto a pane e guerre, pertanto ragiona sempre e solo in termini militari anche (soprattutto) quando non ce n’è bisogno.

Personaggi:
Sousuke Sagara – Nonostante la giovane età è già sergente e il suo nome in codice è URUZ-7. Cresciuto soprattutto tra le guerre in Medio Oriente, è probabilmente il miglior soldato della Mithril ed eccelle nel combattimento degli AS (Arm Slave, i robottoni). Il suo passato è avvolto nel mistero, si sa che all’età di otto anni veniva chiamato Kassim dai gruppi ribelli, cui faceva parte, in Hermajistan.


Kaname Chidori – La nostra protagonista è famosa a scuola per essere bellissima, ma anche per il suo caratterino per niente docile. Ha perso la madre anni fa e ha deciso di vivere da sola. Questo ha rafforzato la corazza, ma alla fine è una ragazza fragile. La sua vita cambierà nel momento in cui conoscerà Sousuke. I rapporti tra i due non saranno idilliaci anche per i caratteri opposti, eppure, nonostante questo...


Teletha Testarossa
– Colonnello della Mithril e capitano del loro sottomarino da lei stesso ideato. E’ molto dolce, intelligente e ha 16 anni, ma i suoi riflessi sono praticamente inesistenti. Si fa chiamare Tessa, è innamorata di Sousuke e a differenza di Kaname lo ammette a tutti tranne al diretto interessato (che comunque non capisce). Soffre del complesso di inferiorità rispetto al fratello.


Melissa Mao – Nome in codice URUZ-2 è il Sergente maggiore, superiore di Kurz e Sousuke. Abile soldatessa, è specializzata nel corpo a corpo. E’ molto avvenente e viene rispettata da tutti. Ha fatto parte dei marines, è un po’ scurrile, ma sa perfettamente tutto quello che c’è da sapere su un AS sotto il punto di vista tecnico. E’ lei che ha scelto Sousuke e Kurz nella sua squadra.


Kurz Weber – Nome in codice URUZ-6, è un grande amico di Sousuke nonostante siano il giorno con la notte. Kurz, infatti, è molto espansivo, fissato con le donne, tanto da avere la nomea di maniaco e pervertito. Il primo incontro con Melissa è emblematico sotto questo punto di vista e, nonostante i frequenti litigi, è molto affezionato alla donna. Ha 19 anni e un passato da modello. E’ un abilissimo cecchino.


Gaurun – E’ il cattivone della serie. Un pazzo mercenario senza scrupoli assoldato dal KGB per rapire Kaname. E’ un uomo assolutamente malvagio ma dotato di una intelligenza da non sottovalutare. Pianifica ogni cosa e c’è sempre un motivo dietro le sue mosse. Conosce Sousuke sotto il nome di Kassim. I due avevano già combattuto molti anni prima.

Curiosità:
La cronologia degli anime è la seguente:

Il secondo capitolo, in realtà, non segue il primo, si svolge piuttosto durante il primo. Il terzo e il quarto (che è un OAV del terzo), purtroppo, non sono ancora usciti in Italia. Si vocifera "entro fine 2007". Voglio sperare che si diano una mossa sul serio perché sarebbe anche ora…

Impressioni:
Diciamolo, la fine della prima serie è proprio “a metà”. Dopo tanto discutere e lottare, ci si aspetta qualcosa che però non è arrivato. Ma mi dico che, in fondo, ci sono altre tre capitoli sicché attenderò con ansia e trepidazione.
I personaggi sono sviluppati bene, ognuno ha delle caratteristiche proprie e non è mai superfluo o inutile. Nonostante questo, mi sento in dover di esternare il mio odio verso Tessa. Troppo buona, troppo bambina in certe questioni. Io detesto i triangoli e detesto chi si intromette in una love story che sta per sbocciare. Ma a parte questo, non l’ho mai potuta soffrire prima, chissà perché ma è proprio una cosa a pelle, un po’ come era accaduto per la principessa Hinoto (vedi X/1999). Lo capisco, è impossibile non invaghirsi di Sousuke: terribilmente serio in campo militare e assolutamente goffo nelle questioni di vita normale, anche se non ride mai. E Kaname è adorabile nonostante il suo caratterino che per certi versi è simile a quello di Akane (vedi Ranma ½). A me ha fatto sbellicare pure Kurz, è assolutamente divertente nelle sue manifestazioni da accalappia-ragazze. Tralasciando questi argomenti un po’ frivoli, che però erano necessari, bisogna ammettere che i disegni degli AS (sempre i robottoni) sono belli e talvolta non sono nemmeno troppo rigidi. I combattimenti non sono così confusionari da non far capire che accade, nonostante ci siano tanti personaggi e gli AS che si muovono freneticamente. Pure gli scenari fatti al computer si miscelano bene con i disegni. I colori sono vivaci anche quando la vicenda si svolge nel sottomarino, dove predomina il grigio. Il nostro eroe è sempre in missione e non sarà facile sconfiggere Goukon che non muore mai, nemmeno fosse highlander. Ma d’altronde conosciamo tutti il noto proverbio sull'erba cattiva... Alla fine il bene trionferà sul male, almeno è così che ci fanno vedere. Dal punto di vista militare, delle guerre insomma, l’anime si conclude e non lascia in sospeso nulla. Piuttosto può sfuggire qualche particolare sulla vita dei personaggi. Insomma, sono convinta che ulteriori sviluppi saranno illustrati nelle altre tre serie, pena attentati terroristici ad opera dei fans.
Lo diciamo? E diciamolo: le guerre ci vanno bene, anche i morti, ci piace tutto di Full Metal Panic, ma vogliamo ulteriori sviluppi sulla love story tra Sousuke e Kaname. Non potete lasciarci così, vogliamo una prova tangibile, senza dover andare ad interpretazione di pensieri e sguardi!



FULL METAL PANIC? FUMOFFU!

ANIME:
Conta 12 puntate nell’edizione originale, 13 in quella originale mandata in onda da MTV (hanno creato una puntata prendendo varie scene da entrambe le serie), per un totale di 17 episodi inediti (più il mix). Come scritto poco sopra, la serie è da considerarsi in contemporanea con Full Metal Panic! e non un sequel.

Trama:
La trama è inesistente! Gli episodi non hanno implicazioni con altre, non c’è una storia da seguire. Sono puntate assolutamente slegate da ogni cosa, che trattano del rapporto tra Kaname, Sousuke e gli altri civili nella scuola da loro frequentata, o forse sarebbe meglio dire del rapporto tra Sousuke e il mondo civile. Storielline assolutamente comiche, anzi direi demenziali grazie anche all’incapacità di Sousuke di essere un ragazzo “normale”.

Personaggi:
I personaggi sono gli stessi, manca solo il cattivone, anche se bisogna ammettere che il gruppo dei militari c’è poco e niente. Ma c’è una new entry che merita di essere segnalata: Bonta-kun. Altri non è che un pupazzo opportunamente modificato da Sousuke (grazie all’impiego di altissime tecnologie), che gli permetterà di compiere le sue “missioni” camuffato tra i civili.


Curiosità:


  • Il perché di “Fumoffu” verrà spiegato nel corso delle puntate: gli autori sono geniali.

  • In una puntata Kaname chiama la madre al cellulare, ma nella prima serie sappiamo che è morta.


Impressioni:
C’è da spaccarsi dalle risate, specie quando compare il pupazzo! Ho visto la serie in un pomeriggio intero e ho riso come una pazza. La serie, per certi versi, va un po’ più a fondo nel rapporto tra i nostri due protagonisti, anche se in una puntata si insinua Tessa che, ovviamente, rompe non poco. Io detesto questa tizia, ma si era già capito. Le storielline vanno un po’ più a fondo, ma sempre in maniera ironica e demenziale. Si capisce che c’è del tenero, ma questo ancora non ci basta! I disegni sono leggermente diversi, ma si tratta di tratti veramente minimi. Spassoso pure il capo del consiglio studentesco, mi ha fatto morire dal ridere quando in una puntata legge tremila libri al mare, mentre gli altri giocano! E’ assolutamente da vedere dopo la prima serie!



Scritto da mulaky

1 agosto 2007

Chiusura estiva

Carissimi lettori, vi comunichiamo che il blog rimarrà chiuso per ferie per tutto il mese di agosto. Riapriremo a settembre con nuovi articoli. Vi ricordiamo, altresì, che le iscrizioni sono sempre aperte: basta semplicemente inviare la vostra adesione tramite messaggio privato a ut0pia o mulaky. Auguriamo a tutti voi buone vacanze!

29 giugno 2007

Appunti di viaggio (3)

28 aprile 2007. Terzo giorno.


I Bassotti sono davanti a me, tengono in mano il mio zainetto nel quale sono contenuti tutti i miei strumenti per il disegno. Io li inseguo di corsa, con tutte le mie forze, ma loro sono in macchina... Stiamo correndo in un tunnel buio e credo che alla fine sbucheremo da qualche parte nel porto di Paperopoli, forse proprio a Cavazzano Quay.


Però è strano: nonostante io sia a piedi, riesco a stargli dietro perfettamente, anche se ho il fiatone e non riesco ad avvicinarmi neanche un po'. Sono sempre lì, una cinquantina di metri avanti a me, e li sento cantare canzonacce sguaiate. Mi prendono in giro e questo accresce la mia rabbia e la mia agitazione.


Infuriato, spingo ancora di più sul monopattino. Ah, ecco perché andavo così veloce: non sono a piedi, sono in monopattino. Devono avermelo prestato i nipotini di Paperino. Spingo sempre più forte e sto andando talmente veloce che ho paura, ma non riesco a fermarmi. Le luci del tunnel mi sfrecciano ai lati in una corsa folle, sembra di essere in un videogioco.


Paperoga alle mie spalle mi consiglia: più forte, più forte! Strano, non mi ero accorto che ci fosse Paperoga dietro di me sul monopattino. Deve stare arrivando anche la polizia, perché sento arrivare una sirena. No, non è una sirena, è uno scampanio.


Poi a un certo punto l'auto dei Bassotti frena e sterza bruscamente, fermandosi per traverso nel tunnel. Povero me, penso raggelando, ci finirò contro, non riesco a fermarmi! La vedo avvicinarsi inesorabilmente, sempre più grande, la salto col monopattino, forse mi ci sono schiantato contro e ora sto volando, finirò sull'asfalto, aiuto... e dentro la macchina non ci sono i Bassotti ma Gambadilegno che mi guarda con un sorriso beffardo... è un lungo volo...




* * *



Con la sensazione brusca di essere precipitato dall'alto mi ritrovo sul divano di Gastone. Da dietro le tapparelle chiuse inizia a filtrare piano piano il sole del mattino... Ma allora era solo un sogno! Che sollievo! Sembrava tutto così reale... Ma Paperopoli non è un sogno! Sono proprio a casa di Gastone, e tutto il resto, l'incontro dell'altro ieri con Paperoga, il giro della città, era tutto vero! Però qualcosa non quadra lo stesso, penso, nella confusione del sonno che piano piano, svanendo, fa riemergere i miei sensi...


Din-don Din-don Din-don... Ecco cos'era! Lo scampanio, quello c'è ancora! Qualcuno sta suonando ripetutamente il campanello di Gastone, realizzo ora, e proprio mentre me ne rendo conto la voce di chi mi ospita risponde trafelata dal piano di sopra...


"Arrivo, arrivo!". Gastone, spettinato, scende di gran carriera le scale. Non si è accorto che mi sono svegliato e vederlo così è buffissimo. Non ha i suoi soliti riccioli ben curati ma un testone biondo arruffato... e passando davanti allo specchio si dà un'occhiata e deve rendersi conto di quant'è buffo, perché subito apre un cassetto del comò e si caccia sulla zucca un berrettone. Poi apre.


"Mister Gander, buongiorno." È un uomo robusto, sulla quarantina, di quelli col naso nero. "Sono venuto a ritirare i premi che abbiamo portato ieri mattina." "Ma veramente..." risponde lui, guardando verso di me "non è ancora... oh! Zniga, sei sveglio? Ciao!" Sembra molto imbarazzato.


Non capisco che stia succedendo, ma rispondo. "Ciao, Gastone. Che succede?" "Oh..." fa lui. "Ti spiegherò tutto." Poi, rivolto al signore: "Lasciane due a caso. Devo firmare qualcosa?" "No, no..." replica lo sconosciuto "...è a posto così. Porto via tutto subito." E richiude la porta. Un attimo dopo lo sento trafficare in giardino.



* * *


Anche a casa di Gastone sono stato costretto a saltare la colazione. Solo un caffè, e per giunta all'americana. Ma è possibile che in questa città io non riesca mai a mangiare? Penso, mentre Gastone mi invita a salire su una splendida spider arancione, nuova fiammante, parcheggiata accanto al marciapiede, di fronte alla villetta. Potrei giurare che ieri non c'era.


Con Gastone percorriamo in macchina Barks Drive, come ieri a piedi con Paperoga... e sta iniziando già a sembrarmi un ambiente familiare. L'aria è tiepida e c'è una leggera brezza. Ma vorrei fare colazione... Ok, l'aveva detto ieri di avere il frigo rotto... ma ero convinto che stasera ne avrebbe vinto uno ultimo modello, e invece non solo nel giardino non c'era nessun frigo, ma erano pure spariti quasi tutti gli scatoloni di ieri! Ce n'erano rimasti solo due o tre...


"Vedi, Zniga..." mi fa Gastone mentre guida, forse leggendomi nel pensiero. "Credo di doverti una spiegazione per quel che è successo stamattina. Sai quel tipo, quello che è arrivato quando tu ti eri appena svegliato..."


E mi racconta che, sì, fortunato lo è per natura, anzi per genetica, dato che sua madre è la fortunatissima Daphne Duck... ma che il ruolo che recita nei fumetti è decisamente al di là delle possibilità anche di un superfortunato come lui... per cui la maggior parte degli oggetti che riceve in premio altro non sono che un modo di suo zio di... sfruttare il suo ruolo di "baciato dalla buona stella" nei fumetti!


"Così" mi spiega "quando disegnano una storia dove io ho un ruolo importante, mio zio fa arrivare a casa mia un sacco di premi, tutti rigorosamente prodotti delle sue fabbriche, in modo da farsi più pubblicità! E in cambio me ne lascia scegliere due o tre da tenermi... per esempio la Pasta Birilla, quella di ieri sera... io ne sono ghiotto, capisci? Me la sono tenuta tutta... ma tutti gli altri premi, finita la storia, tornano ai suoi negozi. Anche perché dove li terrei, sennò? Vedi, stamattina stavo giusto uscendo a vedere se tra i premi di ieri ci fosse per caso un frigorifero, ma poi ti ho visto sveglio e ho detto al tizio di portarsi via tutto subito e lasciarmi due scatole a caso... non sapevo se dirtelo o no..."


"Sì, ok" rispondo "ma oggi che c'entrava la faccenda dei premi? Mica ti stanno disegnando!"


"Beh... in questi giorni a Paperopoli ci sei tu! Evidentemente lo zione non era al corrente del fatto che già sapevi in parte come funzionano le cose qui... Anche questa spider dove siamo, vedi? Deve essere arrivata stamattina. Probabilmente dovranno disegnarla in qualche storia imminente, e devo prenderci familiarità. Naturalmente passerà per un premio. Ma puoi star sicuro che, appena finita di disegnare la storia, lo zio se la riprenderà. Sai, non mi lamento... posso guidare praticamente una macchina diversa ogni giorno, anche se non sono mie... praticamente è il mio lavoro... diciamo così!"


"Lavoro? Mi stupisce sentirti parlare di lavoro!" rispondo, sorridendo. "Proprio tu... proprio tu che..." (potrò dirlo?) "Sai, la storia... ehm... della cassaforte..."


"Ah, ah ah!... quella!" replica allegramente "È vuota, non ha nessuna combinazione! Me l'aveva fornita Archimede e il decino me lo diede mio zio. Servì solo per quella storia, credo di non averla nemmeno più in casa..."


Io sono sempre più strabiliato. Allora Gastone non è quell'antipatico sbruffone sempre fortunello che tutti conosciamo...


Intanto siamo arrivati in fondo a Barks Drive, e percorriamo il ponte sul Tulebug, quello con gli alberelli. Gastone vuole portarmi a fare un giro nella parte della città che non ho ancora visto, quella settentrionale. Non ho idea di come questo possa aiutarmi a ritrovare lo zainetto rubatomi dai Bassotti, ma mi fido di lui... ok, dopo quello che mi ha raccontato la sua proverbiale fortuna si è un po' ridimensionata ai miei occhi, ma resta pur sempre il figlio di Daphne Duck, e la buona sorte deve averla nel sangue... e in fondo io non attendo altro se non di girare tutta questa città meravigliosa, conoscere ogni suo angolo e ogni suo segreto...



* * *



Così, superato il fiume e il quartiere commerciale, percorriamo prima Carpi Lane, quindi, oltrepassata Arrigada Rios Square, imbocchiamo Manrique Road. "Passo di qua" fa Gastone "perché se passassi da Cimino Avenue e Paperino fosse in giardino come suo solito dovrei fermarmi a parlare... sai com'è..." Ma non è giusto, penso! "Ma io ci voglio andare, da Paperino!" "Ci andremo, ci andremo..." risponde Gastone... "ma all'ora di pranzo! Non hai idea di come cucini mio cugino!" Lo ha detto anche ieri Paperoga, per cui deve essere proprio un ottimo cuoco.


Manrique Road non arriva dritta al Deposito come la parallela Cimino Avenue, ma lo oltrepassa a qualche isolato di distanza. Per cui devo accontentarmi di ammirarne il profilo da lontano. A quanto pare, l'incontro con Paperone non avverrà nemmeno stamattina. "Ma io devo andarci, da tuo zio!" protesto. "Lo sai anche tu come tratta i ritardatari, no?"


Gastone, tuttavia, sembra tranquillo. "Fidati di me, è tutto a posto, l'ho già avvertito". Strano, non l'ho visto telefonare. Ma mi fido. Forse qui a Paperopoli comunicano con il pensiero... in questo posto ormai non mi stupirei più di niente.


Intanto, il mio accompagnatore mi spiega che sta portandomi in uno dei luoghi più misteriosi di Paperopoli... istintivamente penso alla Cattedrale di Notre Duck, quella che si vede così raramente eppure c'è... però siamo ormai su una strada a scorrimento veloce, diretti sempre più a nord, e mi sembra che dal centro ci stiamo allontanando sempre di più.



* * *


Dopo chilometri, non saprei dire quanti, dopo aver scavalcato su un ponte una linea ferroviaria, l'unica da me vista finora, e sorpassato numerosi svincoli autostradali con indicazioni che si riferiscono al porto - ma quanto è grande questo porto? Non sapevo si estendesse su entrambi i lati del fiume! - arriviamo in una zona più periferica. Qui le case sono più piccole, le strade semivuote, i muri pieni di scritte. la zona è pianeggiante, a ovest, lontano, si intravede il mare, ma verso est il terreno si articola in una serie di collinette a panettone sulla cui sommità sono abbarbicati grappoli di piccole case, semplici e colorate. I pochi passanti mangiano gelati e tutti, o quasi, sono in canottiera. E mi stupisce il fatto che la metà delle persone che vedo, paperi e non paperi, siano di colore.


"Cos'è, il quartiere africano?" chiedo incuriosito.


"No, no... questo è il quartiere brasiliano, ed è molto più grande di come tu possa immaginare. Ci abita Gloria, la fidanzata di Paperoga. Anche lui ha una casa qui tra l'altro, anche se non ci viene spesso. E qui vicino c'è pure la villa di mio zio, pensa un po'!"


Ma certo! I brasiliani, come ho fatto a non pensarci? E le targhe stradali lo confermano: Saidenberg Road, Miyaura Square, Rodrigues Lane... che peccato passarci così in fretta, deve essere uno dei quartieri più interessanti. Mi piacerebbe incontrare magari Pennino e Cinzia... che peccato avere così poco tempo! Tornerò, Paperopoli, puoi starne certa!



* * *


La strada, usciti ormai da quell'abitato che sembrava interminabile, si fa più stretta e inizia a inerpicarsi. Siamo sulla costa adesso, una costa rocciosa e articolata, piena di piccole baie, insenature e promontori. Finalmente ho capito, forse, dove siamo diretti.


Il vecchio faro è laggiù, su una sporgenza rocciosa a picco sul mare. Mancheranno ancora un paio di chilometri. Il panorama da lì deve essere stupendo. Ai due lati della strada ci sono solo distese d'erba... e sulla sinistra, oltre l'erba, il mare, giù in basso... il vento è forte e con la maglietta leggera che ho, qui sulla spider ho quasi freddo. L'autoradio di Gastone diffonde una canzone nostalgica di un certo Capellone Joe.


Poi Gastone lascia l'auto sul ciglio della strada e m'invita a proseguire a piedi. Il rumore del mare è assordante e l'odore della salsedine giunge fin quassù, inebriante, portato dal vento. C'incamminiamo per un ripido sentiero che si discosta dalla statale in direzione del mare, inerpicandosi sul promontorio. Il vecchio faro è distante, almeno cinquecento metri. Sembrava più vicino. Qualche gabbiano vola in lontananza, lasciandosi trasportare dalle correnti come un aliante. Alti ciuffi di erbe sconosciute si piegano sotto le raffiche. E l'urlo delle onde che si frantumano contro gli scogli, giù in basso, si fa sempre più forte e più insistente dagli anfratti delle scogliere che non vedo ma immagino, mentre seguo la figura di Gastone, così buffo e irreale con quei vestiti eleganti in un paesaggio verde e azzurro che neppure credevo potesse esistere qui nei dintorni.


 the Old Lighthouse


La porta lignea del vecchio faro è spalancata. Sulla piccola cupola alla sommità della costruzione, alta una dozzina di metri, sette o otto gabbiani e una cornacchia spiccano simultaneamente il volo appena sbuchiamo dal sentiero sullo spiazzo che circonda l'edifico. Oltre lo spiazzo, il promontorio termina bruscamente con un salto. Giù, solo il mare azzurro, lo sconfinato Pacifico di James Cook, screziato fino all'orizzonte dai milioni d'increspature bianche delle onde, riccioli di schiuma da barba su un immenso vetro che specchia il cielo. Prudentemente, giro intorno al faro e mi sporgo a guardare. È un salto vertiginoso, saranno almeno venti metri. Ogni onda che s'infrange esplode in una nuvola di spruzzi che quasi lambisce l'orlo del promontorio dove mi trovo, mi arrivano tutte le goccioline, sospese nell'aria come una nebbia. In bocca ho il sapore del sale. È fantastico, irreale.


Dev'essere uno di quei luoghi dove la gente viene, si sa, ma quando ci vai non ci trovi mai nessuno. Come in tutti i posti misteriosi. E già ho dimenticato lo scopo per cui sono qui, Paperone, i Bassotti, mentre seguo Gastone verso la torretta, i cui vecchi muri sono incrostati di sale e scarabocchiati, qua e là, da scritte mezze cancellate. Alcune inneggiano al Drakesbro e al Pepper, ma la maggior parte sono scritte d'amore. Anche tra paperi ci si ama, penso sorridendo. E quest'angolo incantevole sembra fatto apposta. In effetti, se ora al posto di Gastone ci fosse una ragazza sarebbe perfetto. Peccato non abitare qui, penso ancora una volta.


La scaletta interna sale rapidamente a spirale, e poco dopo io e Gastone ci troviamo nella stanza del faro, sotto la cupola di vetro che, ormai priva di ogni manutenzione, è tutta imbrattata e incrostata dal guano di generazioni di gabbiani. Sui muri scritte ovunque, per terra mozziconi di sigarette e lattine vuote. Ma anche così ha un fascino indescrivibile, quel fascino tipico dei luoghi abbandonati e segretamente frequentati un po' da tutti.


Sul terrazzino esterno, facendo attenzione a non appoggiarmi alla ringhierina arrugginita dall'aria davvero malferma, mi volto finalmente verso Sud. Lo spettacolo è indescrivibile.


Verso Sud, la baia si stende immensa, leggermente velata dalla nebbiolina sollevata dal continuo infrangersi dei marosi sulla costa. La città è enorme. Lontanissime, piccole come giocattoli, sfuocate, navi colorate sostano in rada, nell'attesa di entrare in porto. In mezzo al golfo, l'isolotto. Le case più lontane sono una massa indistinta, i colori da qui non si vedono, sembra un enorme tappeto chiaro. È qualcosa che lascia senza fiato. Sul terrazzino c'è un cannocchiale, girevole, simile a quelli che nelle città di mare sono situati sui lungomare, e i bambini ci mettono la monetina e guardano le barche lontane. Voglio puntarlo sulla città. Gira a fatica, cigolando, probabilmente non ci si vede più niente. Invece, accostando l'occhio alla lente, vedo un po' velato dal sale, ma distinto, l'insieme delle case, le finestre, perfino le auto e le persone per le strade. Vicinissime. Riesco persino a vedere la Killmule Hill e il Deposito. L'osservo per qualche minuto... Paperone è lì, deve esserci per forza, se solo si affacciasse alla finestra, se solo uscisse a fare un giro...


"Stupito, eh, della città? Hai visto quant'è grande?"


"Sì... è incredibile! Ma quanti abitanti siete? Dovete essere milioni!"


"Beh, Zniga, quanti siamo esattamente non lo so, però fai un rapido collegamento. Pensa a quante storie vengono disegnate ogni anno. Pensa alla gente che si vede nelle storie. A parte me, i miei cugini, la mia famiglia... hai mai visto due facce uguali? Ecco, pensa a quante persone diverse compaiono in ogni storia e a quante storie vengono disegnate, in tutti i Paesi. E aggiungici migliaia e migliaia di persone che ancora nessuno ha mai rappresentato. Dobbiamo essere davvero in tanti, non trovi?"


In effetti non ci avevo mai pensato. Ed è sorprendente.


"E poi, Gastone... questo cannocchiale... ma... com'è possibile? Che funzioni ancora dico... e che ingrandisca così tanto! Ero convinto che non funzionasse!"


"Vedi, Zniga... forse in qualsiasi posto reale quel cannocchiale non funzionerebbe più da un bel pezzo, ma sai, qui a Paperopoli... con gli occhi della fantasia puoi vedere davvero quello che vuoi..."



* * *



Non ho ancora ritrovato lo zainetto... ma la visita al vecchio faro val bene la perdita di una cartina, qualche foglio e qualche matita! Al massimo li ricomprerò tra poco in centro, tanto ormai mi sembra di aver capito che per vedere Paperone dovrò aspettare domani mattina... l'ultimo giorno!


E intanto, mentre attraversiamo di nuovo Paperopoli a tutta velocità, questa volta da Nord verso Sud, apprendo che siamo diretti a fare compere. Paperino ci ospiterà per pranzo, o per cena, dato che in realtà l'ora di pranzo deve essere ormai passata e ho un bel po' fame, ma ho capito che qui gli orari cambiano di giorno in giorno e ognuno fa un po' quello che vuole. Andremo a comperare in un supermercato vicino al Parco, sulla sponda del fiume, perché Gastone, come milionesimo cliente, ha diritto ad acquisti gratuiti a vita lì dentro. Ciò che compreremo servirà a Paperino per preparare il pranzo. Non sto più nella pelle dall'idea di pranzare da Paperino. Quasi quasi vorrei dire a Gastone di portarmi da lui e aspettarlo lì... ma forse non è gentile...



Mentre ci dirigiamo verso il Parco, arrivati nella zona immediatamente a nord del Deposito, passiamo finalmente accanto alla Cattedrale di Notre Duck... e nell'ammirarla dall'auto in tutto il suo splendore di nuovo capisco come quattro giorni sono davvero troppo pochi per poter conoscere davvero questa città... mi accontento di una foto con il telefonino...


 Notre Duck Cathedral


Dopo aver percorso Manrique Road al contrario, arriviamo finalmente vicini ai confini settentrionali del Coot Park, il grande parco comunale intitolato al fondatore della città. Siamo nel pieno dell'ora di punta e, per buon senso, verrebbe da pensare che un parcheggio libero nelle vicinanze del supermercato non lo troveremo mai... ma non ho messo in conto la fortuna di Gastone, che naturalmente, dopo aver girato per nemmeno due minuti, finisce per trovarsi come al solito nel posto giusto al momenbto giusto.


Un papero dal becco appuntito con un furgoncino, infatti, esce in retromarcia dal parcheggio, lasciando libero un posto magnifico, nel quale la sua superspider, molto più lunga e larga della maggior parte delle piccole auto paperopolesi, entra a a meraviglia.


E mentre si dirige verso il supermercato - un largo e basso parallelepipedo di cemento, con un'unica grande porta a vetri e un'enorme insegna colorata, davanti al quale si stende un vasto piazzale - io ne approfitto per farmi finalmente un giretto nel parco. Si sa mai che magari incontro Paperone! Sì, lo so, lui di solito ci va al mattino, prima che passino i netturbini, per trovare i giornali vecchi... ma alla fine mi sembra che qui nessuno segua degli orari troppo rigidi...



* * *



Coot Park, isola d'alberi e quiete tra i grattacieli, non è molto diverso da qualsiasi grande area verde di una grande città... vialetti sterrati coperti di ghiaia che si snodano tra i prati, bimbi con la bicicletta, gente col cane, belle papere in T-shirt e calzoncini attillati che corrono per tenersi in forma. Uccelli di specie diverse cinguettano sui rami. Io, appassionato di ornitologia, riconosco tra gli altri un Cardinale rosso e un Vireo, oltre a una banalissima cornacchia. Ci sono panchine di legno dappertutto e c'è anche un ruscello che lo attraversa da cima a fondo, deve essere un affluente del Tulebug. Oppure ha una foce indipendente? Non lo so, mi piacerebbe saperlo, ma purtroppo la mia carta è rimasta nello zainetto in mano a quei manigoldi...


Dopo aver gironzolato in lungo e in largo tra i vialetti ed esser finalmente riuscito a gustare un gelato comprato in un chiosco, arrivo in quello che deve essere il punto centrale, dove, in mezzo a uno spiazzo ghiaioso, campeggia la ben nota statua del papero con il becco a punta e i capelli lunghi che tiene in mano le pannocchie. Cornelius Coot, il fondatore della città, antenato di Nonna Papera e quindi anche di Paperino. Non somiglia per niente a nessuno dei due. E continuo a chiedermi perché, pur essendo anch'egli un'anatra, abbia un cognome che significa "folaga". Sulla punta del becco c'è appollaiato un piccione. Anzi no, non è un piccione, è di nuovo una cornacchia.


Cornelius Coot


Dopo aver gironzolato in lungo e in largo decido che è ora di tornare, che Gastone deve aver terminato gli acquisti ma... da che parte sono entrato? Oddio, non me lo ricordo più! Come farò ad uscire? Se solo sapessi come si chiamava la strada dove Gastone ha parcheggiato la macchina! Se ricordasse lo "stile" particolare della strada, potrei associarla al nome di un disegnatore, ma... se per caso aveva il nome di uno sceneggiatore?


Pensa che ti ripensa... alla fine prendo una decisione: io so che devo andare a pranzo da Paperino, so che abita in Cimino Avenue, più o meno a metà, per cui mi basterà chiedere a qualcuno come si fa per arrivarci. Gastone, con la sua fortuna, non avrà nemmeno bisogno di cercarmi e mi troverà già lì, ne sono sicuro.


A chi chiedo? Ci vorrebbe una bella paperotta, sarebbe più piacevole... in effetti laggiù ce n'è giusto una, che gironzola sui pattini a rotelle... ha lunghi capelli llisci e corvini, occhiali scuri, un bel fisico asciutto... credo proprio che chiederò a lei!


"Senti... ehm... scusa..."


Si toglie gli occhiali e mi guarda incuriosita. Mi sembra quasi di cogliere nei suoi occhi un'espressione di interesse e incredulità. "Per caso sai dirmi come arrivare in Cimino Road?"


"Cimino Road?" fa lei. Ha una voce un po' bassa, ma bella. "Cimino Road è quella che va verso il Deposito. Devi andare al Deposito?"


"No, lì devo andarci domani. Mi basta sapere dov'è Cimino Road."


Alla fine la paperotta acconsente ad accopagnarmi. Si siede su una panchina, si toglie i pattini e ci incamminiamo. È davvero gentile. È carina, ma meno giovane di come sembrava da lontano, penso sia più grande di Gastone (Gastone avrà più o meno la mia età, forse poco di più).


Le racconto del mio arrivo a Paperopoli, del fatto che vengo dall'Italia e... scopro con grandissima sorpresa che parla un italiano perfetto! Con un lieve accento meridionale addirittura... Forse non c'è da stupirsi, qui a Paperopoli parlano tutte le lingue del mondo.


Arriviamo a metà di Cimino Avenue che io nemmeno me ne accorgo, e siamo costretti a salutarci... che strano, eh? Smaniavo dalla voglia di conoscere Paperino e ora me ne andrei volentieri ancora a spasso con questa papera sconosciuta dai capelli neri...



* * *



Cimino Road è una strada larga, con un certo via vai di automobili e furgoni, ed è interamente pianeggiante. Niente a che vedere con la quiete e le strade strette, tutte un saliscendi, della zona di Barks Drive. La casa di Paperino si trova proprio in questa via, deve essere una delle tre o quattro villette che ora vedo in successione alla mia destra. A un certo punto ne scorgo una tutta di legno, che potrebbe essere quella giusta. Ha una cassetta della posta blu, un giardino ben curato, tra un albero potato e il vialetto di accesso c'è una sdraio su cui è appoggiata una copia del Papersera, e la porta di casa è socchiusa. Dentro c'è qualcuno, vedo ombre muoversi, ma non riesco a capire se si tratta di Paperino...


Poi leggo il nome sulla cassetta.


MITRAGLIA ANACLETO


Sono arrivato!!! Ma allora Mitraglia è italiano davvero, mi dico. E Jones? Boh... forse abita dall'altra parte...


E accanto alla casa di Anacleto c'è un'altra villetta quasi uguale, la cassetta della posta rossa e gialla, il vialetto, due alberi nel giardino tra cui è tesa un'amaca... Per terra una specie di materasso lanuginoso. Da una delle finestre, aperte, un profumo di dolci si diffonde sulla strada.


DONALD F., HUBERT, DEUTERONOMY and LOUIS DUCK


Sono loro!!! È strano, è emozionante ma nello stesso tempo è quasi come entrare in casa di un vecchio amico, penso mentre apro il cancelletto di legno come farei per entrare in qualsiasi altro giardino...


La ghiaia del vialetto mi scricchiola sotto i piedi mentre mi avvicino alla porta di legno e...  tutt'a un tratto, il materasso lanoso che ho visto sul prato sembra animarsi, si muove e si mette a corrermi incontro abbaiando! Oddio! Ma è un cane! Sarà buono? Spero di proprio di sì, penso, immobile, mentre quel bestione - che poi ha un'aria simpatica - mi gira intorno fiutandomi dappertutto.


"Bolivaaar! Stà zitto!"


Inconfondibile, una voce di un'anatra parlante mi arriva dalla finestra. Sentirla dal vivo fa un effetto indescrivibile.


"Arf, arf, arf!" continua a strepitare Bolivar, saltellando e correndo in cerchio intorno a me, come per attirare l'attenzione. "Arf, arf, arf!" Torna da me, si fa accarezzare un attimo e riprende ad abbaiare.


La porta si apre. "Insomma, che c'è?"


Ci guardiamo negli occhi per qualche secondo.


Ha il solito berretto blu, per traverso, le maniche rimboccate, un largo grembiule sul davanti che scende a coprire in parte le zampe arancioni e palmate. E un'espressione tutt'altro che amichevole che, nel vedermi, lascia spazio improvvisamente all'incredulità.


"Ma tu... chi sei? Non sei Zniga... o sì?"


"Ma certo che sono io! Ciao, Paperino! Piacere di conoscerti!"


"Zniga! Piacere! Piacere, scusami..." sembra preoccupato "Sai, ti aspettavo per pranzo con Gastone e... beh, mi dispiace accoglierti così..."


"Vuoi scherzare?" rido, mentre Paperino mi apre la porta, facendomi finalmente entrare nella casa più famosa del mondo. All'interno del soggiorno, un grosso tappeto circolare, rosso, giallo e arancione, decora il pavimento di legno, mentre una poltrona verde dall'aria molto comoda, quella che si vede in tutte le storie, è appoggiata al muro, accanto a un comodino su cui è posata una grossa lampada gialla e rossa. Oltre una tenda blu che funge da porta, poi, si intravede la scala che porta al piano di sopra, dove ci sono le camere di Paperino e dei nipotini.


A proposito... "Qui, Quo e Qua? Ci sono?"


"No, oggi sono da Nonna Papera, con Paperina... sai, stanotte dormirai qui e ho preparato la loro stanza apposta per te..."


"Ma potrò conoscerli? Torneranno domani?"


"Domani ci andremo noi da Nonna Papera, Zniga! Contento?"


Wow, questa sì che è una notizia! Da Nonna Papera, magari con la 313! E ci sono anche i nipotini! Non ci avrei mai sperato!...



* * *



Mentre Paperino torna in cucina a terminare i preparativi per il pranzo, ne approfitto per dare un'occhiata alla casa.


È una sensazione particolare, quella che si prova qui a casa di Paperino: un po' come quando ci si reca in un posto conosciutissimo, magari un sito archeologico, che si è già visto e rivisto mille volte in fotografia, e si ha come l'impressione di esserci già stati. Solo che questa è una casa, ed è ancora più strano. Chissà dov'è l'accesso al nascondiglio segreto di Paperinik...


Mentre gironzolo, la mia attenzione è attratta da uno strano oggetto, appoggiato su uno dei mobili del soggiorno. Sembra una gabbietta per criceti, ma la ruota per far correre la bestiola è collegata con una cinghia ad una dinamo che aziona una lampadina. Nella gabbietta non c'è nessun criceto, così provo io a far girare la ruota... in effetti funziona, la lampadina si accende. Sono così incuriosito che vado in cucina, a chiedere spiegazioni a Paperino.


"Ah, la gabbietta con la dinamo!" fa lui. "La tengo per ricordo. Servì per una storia di tanti anni fa, in cui quello strano oggetto doveva comparire nella prima vignetta!"


"Sì, ma... che fine ha fatto il criceto? La gabbietta è vuota!"


"Ti sembro uno che ama tenere gli animali in gabbia?" risponde Paperino, quasi indignato "Io, cresciuto alla fattoria di Nonna Papera, in mezzo a creature di ogni genere in libertà? Quel <<criceto>> altri non era che Ciop... Lo lasciai lì dentro solo il tempo necessario a disegnare quella vignetta. Non ti dico che fatica catturarlo! Mi diede uno di quei morsi... Anche per questo la gabbietta l'ho conservata. L'aveva costruita Archimede apposta per quella storia! Bolivaaaaar!"


Paperino si distrae per richiamare il cane, che ha ripreso ad abbaiare e questa volta ce l'ha con un grosso uccello nero appollaiato su uno dei due alberi. "Ci manca solo che si metta pure ad abbaiare alle cornacchie! Quello non è un cane, è uno sfondatimpani su quattro zampe!"


Sarà... a me Bolivar è già simpatico. Però che cosa curiosa, penso: in due giorni non ho visto nemmeno una cornacchia qui, mentre oggi, questa è già la quarta.



* * *


Sono passate più di due ore. Il pranzo a casa di Paperino, tutto a base di specialità tratte dal ricettario di Nonna Papera e - devo dire - interpretate magistralmente dal cuoco, è terminato. Come ultima portata Paperino ci ha riservato le ciambelle e i "muffins" con il maple syrup, lo sciroppo d'acero, che ha già fatto ieri per Paperoga. Anche quest'ultimo, tanto per cambiare, si è autoinvitato. Peccato che non si sia autoinvitato anche lo zione, come nei fumetti! Quasi quasi m'era venuta l'idea di prendere di nascosto un ventilatore che diffondesse il profumo verso una certa collina...


Ci sono anche Gastone e Anacleto. Si sa, coi vicini, anche antipatici, bisogna sempre cercare di tenere buoni rapporti, mi fa Paperino, a bassa voce... e Anacleto non è proprio antipatico. Sì, un po' sbruffone lo è, ma nei fumetti sembra peggio.


"Così, te la sei svignata mentre ero al supermercato, eh?" mi fa Gastone. "Ti sei visto il parco? O sei andato a caccia di belle papere?"


(Che faccio? Glielo dico di quella paperotta? No, meglio di no...) "Sai" rispondo "sapevo che spesso al parco c'è tuo zio... speravo magari di beccarlo alla ricerca di qualche giornale vecchio..."


"oh... ma ancora quella storia dei giornali?" fa Paperino, incredulo "Ma voi lettori pensate davvero che Zio Paperone vada a leggere i giornali al parco?"


"Beh... si vede in tutte le storie, no?" replico candidamente.


"Zniga... fai un ragionamento: il Papersera è suo, ne è il direttore e il proprietario, per cui ne ha a disposizoine almeno una copia gratuita al giorno. Tutte le case editrici qui sono sue, tranne quella del giornale di Rockerduck, che non legge. Per cui... a cosa gli servirebbe? Quella cosa lì la fa solo quando lo disegnano... fa... come dire? fa parte del personaggio, capisci? È una cosa pittoresca, caratteristica, più che altro, di quelle che lo rendono simpatico ai lettori... e i giornali che raccatta poi se li porta a casa e ne fa tante pallottole da mettere nella stufa d'inverno... come si faceva un tempo..."


"Già, come si faceva nel Klondike, magari..."


"A proposito... quando domattina andrai dallo zione, tu non parlargli mai del Klondike se non ne parla lui! Rischieresti di doverti sorbire un suo monologo senza fine!"


Sarà... ma darei non so cosa per ascoltare un monologo senza fine di Paperon de' Paperoni sui tempi della corsa all'oro nel Klondike...



* * *



Dopo essermi riposato un po' sulla sdraio nel giardino di Paperino, e dopo aver sistemato le mie cose nella camera dei nipotini, scendo di nuovo al piano di sotto.


Ormai è sera... ma con tutto quello che ho mangiato a pranzo non credo che avrò voglia di cenare! Così mi siedo davanti alla TV.


Un'emittente locale sta mandando in onda un servizio sulla prossima edizione di una sorta di gara comunale chiamata Sfida Infida - anche questa l'ho già sentita - che si terrà a Paperopoli tra poco più di un mese. L'ultima edizione, guarda caso, è stata vinta da Gastone. Bolivar, nel giardino, abbaia ancora e scorrazza. Che cane agitato.


Ora fa più fresco e avrei voglia di farmi un giro. Così Paperino mi fa una proposta.


"Zniga... è sabato sera. I nipotini non ci sono e per te è l'ultima sera a Paperopoli. Che ne diresti se tra un po' uscissimo e ti portassi a vedere Paperopoli by night?"


Wow, mi piace questa proposta... anche perché la vita notturna paperopolese è un aspetto di questa città che non conosco. E poi chissà, di notte magari beccheremo i Bassotti da qualche parte...


Così ci mettiamo d'accordo: un rapido giro di telefonate, verranno anche Paperoga e Gastone... e io sono già elettrizzato. Non ho idea di cosa si faccia il sabato sera a Paperopoli. E non vedo l'ora di scoprirlo. Chissà se in giro troverò anche la bella paperotta di oggi...


...e ora non c'è tempo da perdere: saltando gli scalini a due a due corro al piano di sopra a farmi una doccia...


Sarò pronto in meno di un quarto d'ora, urlo a Paperino che è nella stanza a fianco, mentre metto sottosopra tutta la mia valigia per trovare qualcosa di decente da mettermi stasera, facendo volare jeans, calzini e magliette ovunque. ma non m'importa del caos che sto facendo: per mettere in ordine c'è sempre tempo. È l'ultima sera, domani incontrerò Paperon de' Paperoni, e ora fuori dalla finestra, nella luce ormai tenue del crepuscolo, una Paperopoli segreta, ancora tutta da scoprire, mi sta aspettando...


 
Note.


Daphne Duck, madre di Gastone, inventata da Carl Barks per il suo albero genealogico personale dei paperi, compare ne L'Invasore del Forte Paperopoli di Don Rosa, D 93227, marzo 1994.


La "storia imminente" per la quale Gastone deve prendere confidenza con la spider nuova è Gastone e la fortuna da barattare di Stefano Ambrosio - Antonello Dalena, I TL 2690-4, giugno 2007.


Il riferimento alla misteriosa cassaforte che si troverebbe all'interno della casa di Gastone, citata all'inizio del racconto, è tratto da Gastone e la prova del lavoro di Carl Barks, pubblicata in Italia su TL 735, agosto 1951, nella quale la cassaforte serviva a Gastone per tenere al riparo da occhi indiscreti l'unica moneta da lui guadagnata lavorando.


Ho scelto di ubicare il quartiere brasiliano alla periferia settentrionale perché le storie brasiliane spesso si concentrano su di un singolo personaggio, nella maggior parte dei casi "marginale" (come la citata Gloria, fidanzata di Paperoga, inventata in Brasile nel 1972, o Pennino con la sua inseparabile amichetta Cinzia, apparsi dieci anni più tardi) e spesso hanno ambientazioni periferiche.


Il cantante noto come Capellone Joe compare nella storia Zio Paperone e la regina dei dinghi di Carl Barks, W WDC 77-02, 1966.


L'aspetto del Vecchio faro, citato in diverse storie, è tratto da Paperinik e il tesoro di Dolly Paprika di Marco Gervasio, I TL 2675-1. Lo stesso dicasi per quanto riguarda la Cattedrale di Notre Duck.


Il cane sanbernardo Bolivar è un'invenzione di Charles Alfred Taliaferro e compare fin dalla fine degli anni Trenta nelle strisce; ripreso da Barks e da diversi altri autori, è stato in seguito sempre meno utilizzato. È un personaggio che ho sempre apprezzato e per questo, oltre che per ricordare Taliaferro che non viene altrimenti mai citato nel racconto, ho deciso di inserirlo.


Il giardino e il piano terra della casa di Paperino sono descritti come appaiono in Paperino e la fortuna sfortunata di Rodolfo Cimino - Giorgio Cavazzano, I TL 1881, dicembre 1991.


La gabbietta del criceto con la ruota che aziona la dinamo per accendere la lampadina compare nella prima vignetta di Paperino e la data terribile di Carl Barks, pubblicata in Italia su TL 208, aprile 1959; dalla stessa storia è tratto il riferimento all'aspetto del parco, con il ruscello presumibilmente affluente del Tulebug che lo percorre, e alla presenza, nelle vicinanze di quest'ultimo, di un grande supermercato.


La statua di Cornelius Coot fondatore della città e antenato di Nonna Papera compare per la prima volta in Statuesque Spendthrifts di Carl Barks, pubblicata su Walt Disney's Comics and Stories n. 138. In seguito, moltissimi autori tra cui Don Rosa, Giorgio Pezzin e Massimo De Vita lo rappresenteranno, sia sotto forma di statua che in carne ed ossa in storie ambientate nel passato.


La poltrona verde nel soggiorno di Paperino compare invece in innumerevoli storie, comprese Paperino e la data terribile cit., Paperino e la fortuna sfortunata cit., nonché Paperino (& Gastone) e la tele-fortuna di Staff di If - Massimo De Vita, I TL 1597, luglio 1986, citata nella puntata precedente.


 


Il riferimento alla "Sfida Infida" è tratto da Paperino, Gastone e la Sfida Infida di Fabio Michelini - Alessandro Barbucci, I TL 2064, giugno 1995. Il periodo in cui tale competizione si svolge, cioè poco più di un mese dopo la mia visita (quindi all'inizio di giugno) è dedotto dal fatto che la storia in questione è stata pubblicata il 20 giugno, quando la sfida si supponeva conclusa da poco.