15 maggio 2009

Dizionario: B (2) - C

Lo so, lo so.
Ho postato io anche la scorsa volta, ma che volete farci: siamo gente impegnata, e chi ha qualcosa di pronto posta (comunque su autorizzazione delle cape). In ogni caso i due post sono parecchio diversi: nonostante siano giappofili entrambi, uno è una recensione, questo... beh, questo è il dizionario (e non preoccupatevi, sta procedendo anche nelle altre lettere! Ho già tutto l'elenco delle parole che vorrei trattare - elenco che si amplia periodicamente O.O -, devo "solo" lavorarci decentemente)!
Approfitto di queste due righe per ricordarvi che siamo sempre in cerca di validi collaboratori, magari "esperti" di produzione "occidentale", il contatto email è sempre il solito!

Ah, nel caso ve lo foste dimenticati, il dittongo "OU" si pronuncia come una "O" lunga e traslitterato si può trovare anche come "ō" (ma è più facile scrivere "ou", quindi ho usato questo modo).

 
BENTOU = cestino per il pranzo
Indecisa fino all'ultimo se inserire questa voce, alla fine ho optato per dedicarle qualche riga, col proposito in futuro di ampliarne i contenuti (semmai mi passerà per le mani il materiale adatto).
L'usanza di preparare il bentou esiste solo vagamente in Occidente (le gavette di militari e operai, per capirsi...), mentre in Giappone è un elemento importante nei rapporti sociali.
Ha origini antichissime come pranzo al sacco dei cacciatori o dei contadini, ma a noi è arrivato sicuramente nella sua versione "scolastica": se nell'istituto manca la mensa e non si vogliono spendere troppi Yen al bar della scuola, è sempre meglio preparare a casa il bentou, magari da condividere con gli amici o, ancora meglio, da preparare per il proprio innamorato, con tanto di wursterl a forma di polipetto e decorazioni sul riso a creare un cuore.
Spesso capita si sentir parlare non di "bentou" ma di "o-bentou": al termine viene aggiunto il prefisso onorifico "o-", e questo può far intuire l'importanza data a quest'usanza.
Tutto ciò che volete sapere (e molto di più) sul bentou e relativo bentou-box (la scatoletta) su questo sito: non ha senso che io mi dilunghi oltre, quindi.
Esempi
1. La preparazione del bentou è ovunque: avrei voluto postare le immagini di qualche anime, ma non ho trovato esempi che mi piacessero... per ora vi cito alcuni casi veramente noti: i famosi bentou di Akane Tendo, immangiabili (da Ranma), o le valanghe di bentou che prepara Hikaru in Orange Road1...
2. Grazie alla segnalazione del sempre ottimo Deeproad, che credo conosca a memoria ogni variazione di fantasia sul costume tigrato di Lamù, eccovi un tipico esempio di bentou dell'amore: Lan rabbonisce l'insaziabile Rei con un pranzetto veramente oishii ("buono", "squisito", aggettivo da dedicare sempre e solo ai cibi). Esercizio: quante volte ripetono "bentou" nel filmato? E quante di queste hanno il prefisso onorifico? La soluzione nel primo commento al post! (e anche il link allo stesso pezzo in italiano).

BOKU = io
Dopo aver affrontato le problematiche della 2a persone singolare, passiamo brevemente in rassegna alcuni modi per parlare in prima persona.
..."Alcuni modi"? Beh, immagino sia ormai chiaro che i giapponesi hanno tanti di quei sistemi per rendere le gerarchie sociali che per un occidentale è impossibile star dietro a tutti! Proponiamo quindi solo una selezione dei pronomi che più si sentono negli anime, con uno scopo semplice: quando vediamo un anime tradotto in italiano e sentiamo parlare in prima persona, dobbiamo renderci conto che, nella traduzione, è inevitabilmente andato perso qualcosa. Purtroppo, non possiamo farci niente...
Domanda: come si può parlare in prima persona?
Per tutti
- Usando il pronome watashi: sempre corretto, sempre formale, buono per tutto e per tutti (maschi e femmine, adulti e bambini).
- Per chi vuole far finta di vivere tra samurai e daimyou, c'è anche il più "arcaico" watakushi: stesso kanji ma pronuncia leggermente diversa, tanto per dare quel senso di formalità d'altri tempi (negli anime si fa fatica a distinguere i due, dato che il secondo suona un po' come "watakshi")
Per i maschi
- Usando "boku": informale ma non troppo, adatto per parlare con persone che si conoscono e volendo sembrare un bravo ragazzo.
- Usando ore: è molto poco formale (eufemismo) e manifesta un atteggiamento sprezzante e a volte un po' maleducato... tra l'altro nel gergo della Yakuza (la solita mafia giapponese) si tende parlando a sottolineare le R, quindi questo pronome si presta bene all'uso.
Per le femmine
- Usando atashi, cioè il corrispettivo al femminile di "boku". Fa molto carino ed educato.
- Usando "ore", sapendo però che una ragazza che usa questo pronome risulterà maleducata, grezza, o semplicemente un maschiaccio.
- Usando il proprio nome: si tratta di un uso molto infantile ed è adottato dalle ragazzine che vogliono sembrare "kawaii" (= carine; Hello Kitty è l'esempio per antonomasia di "kawaii"). Sperimentiamone l'uso sul nick di una delle boss del blog, Utopia: siccome è tutta gentile e adorabile, in giapponese non direbbe "adesso vado a fare la spesa" (con "watashi" o "atashi"), ma "adesso Uto-chan va a fare la spesa! ^__^"
Insomma, più o meno...
Esempi
1. Educato e gentile, Honey di Host Club non è sempre stato così dolcettoso... nel suo passato aleggia lo spettro di un tentativo di "ingrezzimento", a cominciare col cambio del pronome da usare...
2. Asumu, protagonista del delicato Zettai Shounen2, viene dalla città: in un paesino di montagna i suoi modi di fare, garbati e un po' infantili, vengono subito derisi trasformando il suo uso di boku in un soprannome.




CHARACTER DESIGN (CHARA)
E' quella parte del lavoro che consiste nello studio grafico e nella caratterizzazione, in parte anche psicologica, dei personaggi della storia creati dall'autore (cit. Wikipedia).
Non è da confondersi coi bozzetti preparatori di un personaggio: la fisionomia e i modi di fare del soggetto sono già chiari al character designer, che si occupa di definire "solo" l'aspetto del personaggio e la sua espressività da vari punti di vista o concentrandosi su alcuni dettagli.
Quando in gergo, quindi, si parla di "chara" dei personaggi, ci si riferisce proprio alla loro resa grafica e a come in questa si riconoscono le loro caratteristiche psicologiche.
Nei manga il character designer in genere coincide col mangaka (se questo non è abbastanza famoso da avere un suo studio ben fornito di assistenti o se ci tiene ad avere pieno controllo sui suoi protagonisti), mentre per gli anime esiste una figura professionale autonoma che, come per i curatori dei fondali o per gli esperti di computer grafica, si occupa principalmente del "chara" dei personaggi.
Esempio
Un esempio illustre ci viene dallo splendido illustration book L'arte di Il castello errante di Howl 3, che raccoglie immagini dallo story board, bozzetti, chara, fondali e immagini dal film che ha dato piena fama internazionale al maestro dell'animazione giapponese Hayao Miyazaki.
Sfogliando il libro è possibile mettere a confronto l'evoluzione del protagonista dalla sua nascita alla sua dimensione animata: nello story board di Miyazaki, nei bozzetti preparatori curati dallo staff, nel chara (opera dei supervisori all'animazione Akihiko Yamashita e Takeshi Inamura) e infine nelle immagini direttamente tratte dal film.

CHIBI = nano, bambino
"Chibi" (letto cibi) in giapponese significa nano, bambino. Viene usato con entrambi i significati negli anime e nei manga, da solo o fuso col nome del personaggio, principalmente con due accezioni:
- può venir usato sottolineandone la componente sarcastica e diventando nella traduzione "nanerottolo, bimbetto";
- oppure, con un utilizzo legato alle tecniche di raffigurazione dei personaggi, definisce la versione "bambina" dei protagonisti di un anime o un manga. Con "Ranma-chibi" si intende per esempio il disegno di Ranma da bambino (spesso sono i fan a dedicarsi a quest'opera di "riduzione", con risultati estremamente kawaii).
Esempio
I casi in cui viene usato questo appellativo sono infiniti quanto le serie animate o illustrate, ma uno di questi merita di essere portato all'attenzione del pubblico di ImAl (per la serie, mai ci stuferemo di scoprire come Mediaset abbia ucciso l'animazione giapponese): mai sentito parlare di Chibiusa (per la cronaca, la ragazzina rompi*** che Bunny/Sailor Moon4 si trova tra i piedi)? E se vi dicessi che il suo nome si dovrebbe pronunciare "cibiusa", e che il nome originale di Bunny è Usagi (che vuol dire tra l'altro "coniglio")?
Ai bambini giapponesi deve essere sembrato subito chiaro, sentendo i nomi, quello che ora vado a spiegarvi: Chibiusa è il nome della piccola ("chibi") Usagi (la bambina infatti viene dal futuro ed è la figlia di Bunny/Usagi).
In versione Sailor, poi, l'italiano "Sailor Chibiusa" non ha certamente lo stesso impatto dell'originale "Sailor Chibimoon"... in questo secondo caso infatti si corre su più piani di interpretazione (immediatamente colti dal bambino giapponese, che in questi giochini ci sguazza): Chibimoon può essere letto come abbreviazione di "Sailor Chibiusa-Moon", ma anche come "Sailor Moon da bambina" e "Sailor Moon in versione nanerottola".
Per dovere di cronaca, se nella serie animata l'errore è sotto gli occhi di tutti, negli OAV (arrivati anche in Italia) i nomi originali dei protagonisti sono stati lasciati e la lettura del nome della piccola peste è quindi corretta.

COSPLAY = costume play, cioè recitare in costume
Non c'è proprio molto da aggiungere al lavoro di Doni1983 pubblicato su questo blog.
Mi limito a sottolineare come, in Giappone, la componente "tu SEI il tuo personaggio" sia marcatamente più accentuata che da noi (d'altronde fa parte della loro cultura - proprio cultura! - da molto più tempo che per noi).
Inoltre, se in un anime o un manga uno veste stranamente, la prima cosa che dice chi lo guarda è "cos'è, un cosplay?!" allo stesso modo in cui noi diciamo "ma è carnevale?!" Ciò che differenzia le due espressioni è che dietro al termine "carnevale" noi ci leggiamo solo un'idea di stramberia, mentre dietro a "cosplay" inevitabilmente c'è anche la parola "otaku", con tutto il background che questa si porta dietro.
Esempi
1. Oltre alle numerose citazioni praticamente in ogni anime o manga, esistono prodotti che proprio del cosplay parlano, come l'anime Cosplay complex5 o il manga Cosplay animal6 (dove protagonista è la tipica divisa alla marinara).
2. Otaku fissata col cosplay (e con qualsiasi cosa sia otakuesca) è Renge, di Host Club, che non può esimersi dal fare cosplay neanche in piscina con gli amici: ecco Renge "normale" (il vestito anomalo è la divisa femminile dell'Ouran), Renge "Quon Kisaragi" ( enigmatica protagonista di RahXephon7) e le due "insieme" nella mente della cosplayer. Nei commenti il video della comparsata cosplay e un paio di spiegazioni per i non addetti ai lavori!




NOTE


1 Kimagure Orange Road, di Izumi Matsumoto. Manga edito in Italia dalla Starcomics; anime di 48 episodi trasmesso da varie reti italiane col titolo E' quasi magia Johnny.
2 Zettai Shounen, di Tomomi Machizuki. Anime di 26 episodi recuperabile sottotitolato in italiano.
3 L'arte di Il Castello errante di Howl, di Hayao Miyazaki, Panini Comics, 2006.
4 Bishoujo senshi Sailor Moon, di Naoko Takeuchi. Manga edito in Italia dalla Star Comics, anime e oav trasmessi da varie reti italiane col titolo Sailor Moon.
5 Cosplay Complex, di Shinichiro Kimura. Miniserie da 3 oav recuperabile sottotitolata in italiano.
6 Cosplay Animal, di Sako Watari. Manga edito in Italia dalla Star Comics, tuttora in corso.
7 RahXephon, di Takeaki Momose. Manga di 3 volumi edito in Italia dalla Planet Manga, anime di 26 apisodi (+ un oav + un film) i cui diritti sono stati acquistati all'epoca dalla Shin Vision, fallita nel 2008 dopo aver dato alla luce solo 2 su 9 dvd. Ora il tutto dovrebbe essere passato alla ExaCinema/FoolFrame, che però pare non essere intenzionata a portare avanti il progetto, quantomeno a breve. Risultato? La serie con audio giapponese e sottotitolata dai fansubbers è stata ritirata e quindi è introvabile (sempre che qualche anima pia che conoscete non l'abbia recuperata all'epoca), e per la serie italiana siamo in alto mare...
Per gli altri titoli citati ma non segnalati in questa nota, si fa riferimento alle voci precedenti del dizionario.


Copyright di immagini e video degli aventi diritto; un ringraziamento va anche ai vari gruppi di fansubbers che diffondono in Italia le novità giapponesi.

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