27 marzo 2007

PAPER DINASTIA

“THE LIFE AND TIMES OF SCROOGE MC DUCK” (“PAPER DINASTIA”)
DI KENO DON ROSA,
ovvero VITA E FANTASTILIARDI DI PAPERON DE’ PAPERONI





PAPERON DE’PAPERONI OGGI

        Chiudete gli occhi, e immaginate di trovarvi a Paperopoli, nella via principale della città. La conoscete? No. E come potrebbe essere altrimenti? Facciamo un altro gioco: provate a descrivere dettagliatamente a parole l’aspetto estetico della villetta di Paperino o della piazza principale di Paperopoli, con tanto di Municipio. Sareste in grado di farlo? Io penso di no, per il semplice fatto che, almeno fino ad oggi, non esiste una topografia ufficiale della città di Paperopoli (Duckburg), e che gli  autori – sceneggiatori e disegnatori – ci offrono quotidianamente interpretazioni personali riguardo alla disposizione geografica di strade ed edifici più importanti della città abitata dai paperi più famosi del mondo.
        Tuttavia essi concordano all’unanimità su di un elemento: il deposito di Paperon de’ Paperoni (Scrooge Mc Duck), il papero più ricco del mondo, e sulla sua collocazione in cima alla Collina Ammazzamotori (Kill-motor Hill).
    Vero è che ancora oggi sono riscontrabili palesi differenze da un punto di vista estetico: alcuni artisti preferiscono tratteggiare la Collina Ammazzamotori  come un rilievo naturale piuttosto marcato, altri la dipingono invece come un piccolo colle dai fianchi molto più dolci. Senza contare che i disegnatori italiani (da Romano Scarpa in poi) rappresentano l’edificio sormontato da una grande cupola, che manca nelle tavole di tutti i suoi colleghi d’oltreoceano.
        Tuttavia, queste differenze non sono mai così radicali da far sì che da una storia all’altra muti completamente la fisionomia di quella parte della città. Aggiungerei, anzi, che sono davvero rare le storie ambientate a Paperopoli, in cui non compaia almeno una volta l’immagine del deposito sulla sommità della collina.
        Questa inevitabile constatazione ci introduce ad un quesito essenziale: come mai, se nel linguaggio artistico disneyano vige la consuetudine di non attribuire molta importanza alla rappresentazione geografica dell’intera città di Paperopoli  e all’estetica dei suoi edifici principali, gli autori smentiscono questa regola nella misura in cui convenzionalmente rappresentano il deposito di Paperone in cima alla collina?


Come l'Acropoli per Atene o il Colosseo per Roma, il Deposito è il simbolo inconfondibile di una città.


       
La risposta è data dallo spessore che contraddistingue il personaggio di Paperone nel panorama dei protagonisti disneyani. Paperopoli nasce grazie a Paperone, “è di Paperone”. E allora non è azzardato asserire che Paperone è l’essenza stessa della città in cui vive, l’anima di una Paperopoli che senza di lui sarebbe rimasta un nucleo rurale, ai piedi di un fortino diroccato.
        Da questa valenza simbolica che la figura di Paperone sembra assumere fin dai tempi di Carl Barks, il suo creatore, nasce l’esigenza di una biografia, che necessariamente ci spieghi come un piccolo papero scozzese abbia potuto portare quelle quattro case sparute sulla costa occidentale degli Stati Uniti a diventare la capitale del “duck power”, se mi è concessa questa licenza linguistica. Paperone apre la strada a tutti gli altri importanti e famosi personaggi che conosciamo, i quali devono tutti qualcosa a questo anziano palmipede: non potremmo, per esempio, identificarci nel ben riuscito personaggio di Paperino (il cui nome per esteso è Donald Fauntleroy Duck), il “celebre pennuto qualunque”, lo svogliato, lo sfortunato, l’antieroe per eccellenza, se prima di lui un vecchio papero scozzese non avesse girato il mondo, alla ricerca della “ricchezza perfetta”, tra le mille peripezie e i pericoli di una vita avventurosa.


L’IDEA CHE NASCE DAL GENIO

   
    Keno Don Hugo Rosa coglie la palla al balzo, e compone quello che può essere definito come un moderno “poema”,  strutturato in vignette, anziché in versi: The life and times of Scrooge Mc Duck, noto in Italia come Paper Dinastia o, più semplicemente, la Saga[1].
        Questo autore, chiamato per brevità Don Rosa, nasce nel 1951 a Louisville (Usa), da famiglia di chiare origini italiane: il nonno, Gioacchino Rosa Gastaldo, nacque nel 1877 in provincia di Udine, ed emigrò all’inizio del Novecento negli Stati Uniti, dove per ragioni linguistiche venne soprannominato Keno (un diminutivo, appunto, di Gioacchino).



Don Rosa, l'erede di Carl Barks e autore della Paper Dinastia, mentre disegna un papero (si noti il becco sul foglio)


        Il nipote di questo emigrante italiano, erediterà quel “Keno” da suo nonno, e si distinguerà nella sua famiglia per una irresistibile passione verso i fumetti, in particolare verso la figura di Paperon de’ Paperoni. Nel 1986 Don Rosa riesce a soddisfare il suo sogno di sceneggiare e disegnare storie Disney che vedono protagonista Paperone. Ed arriverà, nel 1993, a terminare la Paper Dinastia, che in Italia viene pubblicata per la prima volta sul mensile Zio Paperone, dal numero 70 del luglio 1995 al numero 81 del giugno 1996.
        Si tratta di un’opera che potremmo definire di “restauro”. Infatti Don Rosa, pur dimostrando una creatività ed una “razionale fantasia”[2] fuori dal comune, altro non fa che tessere un mosaico, attingendo informazioni relative alla vita di Paperone direttamente dalle opere del suo creatore Carl Barks.
        Non c’è episodio, fra quelli narrati nella Paper Dinastia, che non sia stato tratto da qualche precedente storia di Barks, anche se magari nella stessa si faceva ad esso solo un minimo cenno o riferimento.
        Affidandosi in tutto e per tutto a Carl Barks, Don Rosa non si limita a sfruttare il genio del creatore dei paperi, ma rende a questa colonna del fumetto mondiale un tributo, un monumento sotto le mentite spoglie di una biografia di Paperone. A sottolineare la stima che l’autore italo americano ha nei confronti di Barks, stanno le prime tavole di tutti i capitoli della Saga, in cui è riportata la scritta D.u.c.k. (che in inglese significa “anatra”, a dimostrazione del tema trattato nella storia), spesso camuffata nei disegni, e talvolta quasi impossibile da individuare[3]. Questo simpatico gioco di lettere, è in realtà una sigla, le cui componenti sono le iniziali di questa frase: Dedicated (to) Uncle Carl (by) Keno (in italiano: dedicato allo zio Carl, da Keno). Lo zio Carl cui Don Rosa dedica ogni capitolo della Paper Dinastia è, ovviamente, Carl Barks, il padre dei paperi.


LO STILE DI DON ROSA, ESPRESSO AL MEGLIO NELLA PAPER DINASTIA

        Non è un caso che gli appassionati di questo autore siano unanimemente concordi nell’attribuirgli quella caratteristica  - cui ho già fatto menzione – della razionalità. Don Rosa, infatti, è in grado di distinguersi per uno stile inconfondibile, che mischia l’elemento fantasioso, spiritoso (molto spesso addirittura satirico) e poco verosimile sul piano della trama di determinati episodi, ad un razionalismo quasi maniacale. E’ difficile spiegarlo a parole, occorre osservare alcune delle tavole della sua biografia di Paperone per percepirne l’essenza: ecco allora che immediatamente saltano all’occhio i particolari rifiniti minuziosamente, gli sfondi sempre curati nei dettagli. Ma, cosa ancora più importante, in quasi tutte le sue vignette sono presenti elementi estranei ai protagonisti della scena, elementi dei quali, di volta in volta (per i lettori più appassionati, che non si limitano ad una sola e superficiale lettura dell’opera) si scopre l’esistenza.  Consapevole che sarebbe fuori luogo entrare ulteriormente nel dettaglio su questo specifico argomento, onde evitare di rovinare il piacere della lettura e dell’intrattenimento a chi si volesse dilettare per la prima volta a sfogliare le pagine di quest’opera, vorrei sottolineare come l’aspetto poc’anzi evidenziato non abbia l’intento di rivelare parti determinanti della trama o delle singole vignette della Saga, ma solamente quello di dimostrare come lo stile di Don Rosa sia, per quanto appunto molto fantasioso e spiritoso (se così non fosse, del resto, non si tratterebbe comunque di un “fumetto” che porta il marchio della Walt Disney) anche estremamente “fiammingo”, per rubare un termine al mondo della pittura. Le tavole ci vengono presentate più come le scene di un film, in cui la macchina da presa scova ogni singolo aspetto particolare dello sfondo, e il campo d’azione è ricco di elementi. Il fatto che si tratti di semplici “disegni” ci indurrebbe a paragonare le tavole di Don Rosa più a delle fotografie che alle scene di un film, ma il dinamismo di ogni figura presente in esse è così tangibile, che risulta più riuscito l’accostamento con l’inquadratura cinematografica, dove il fattore del tempo si aggiunge a quello dello spazio.
        Sotto questi aspetti, Don Rosa è il meno disneyano fra gli artisti che lavorano per questa casa produttrice. Nel suo stile grafico manca quel tratto unico, semplice e lineare che contraddistingue i “fumetti” Disney in genere e li qualifica come tali, a vantaggio di un tratto molto più particolareggiato, in cui sul primo piano di Paperon de’ Paperoni si contano le singole piume del viso, le rughe sono disegnate alla perfezione, le figure di contorno smettono di essere tali e ferme sullo sfondo, per portare avanti, ognuna, una propria storia personale, un proprio dinamismo, per ritagliarsi ciascuna un suo momento di gloria nella vignetta. A titolo di esempio, riporto solo la seconda vignetta della seconda pagina del primo capitolo della Saga, in cui, mentre i protagonisti parlano, la vita di un volatile viene attentata da un lombrico. Immagine, quest’ultima, apparentemente insignificante ai fini della trama, ma che sottolinea l’importanza che Don Rosa attribuisce ad ogni singolo elemento presente nelle sue tavole, per cui un uccello che viene disegnato, non è semplicemente una figura di contorno, immortalata mentre vola, come parte integrante di un paesaggio fermo, ma qualcosa di più, cioè un mini-personaggio nella storia, che ha vita propria, e che crea dinamismo e movimento nella scena, proprio come certe comparse in un film.


IN PRINCIPIO FU CARL BARKS – BREVE ANALISI DEI CAPITOLI DELLA SAGA


        Colle Fosco, ragazzo, desolato come tante terre di Scozia... queste le prime parole pronunciate da Fergus de Paperoni, mentre accompagna il figlioletto Paperone, che ha ancora dieci anni, durante una qualunque giornata uggiosa del 1877, a visitare la “gloria passata” del Clan De’Paperoni, in un’umida e paludosa landa scozzese.  Quella gita al castello di famiglia significherà molto, emotivamente, per il piccolo Paperone, che deciderà, spronato proprio dai familiari, di ridare lustro alla sua famiglia.
        Questo primo capitolo della Saga è importante non solo per l’input che Paperone riceverà dalla sua mitica “numero uno”, la prima moneta guadagnata con fatica e sudore, ma anche per l’intuizione di dover emigrare in America, per cercare la fortuna che restituirà la dignità al suo buon nome.
        Inutile dilungarsi sui particolari. Basti ricordare che alcune storie di Barks sono state determinanti per descrivere gli eventi narrati in questa prima parte della Paper Dinastia.
        In particolare, Don Rosa si è avvalso della lettura delle seguenti storie: Paperino e il segreto del vecchio casatello (del 1948, pubblicata su Zio Paperone n. 70), per quanto riguarda i nomi di tutti gli antenati di Paperone; Zio Paperone e il re del fiume d’oro (pubblicata nel 1958, su Zio Paperone n. 95), per l’attività di venditore di legna; Zio Paperone e l’intruso invisibile (pubblicata nel 1963 su Zio Paperone n. 15), Zio Paperone e la Regina del Cotone (pubblicata nel 1955 su Zio Paperone n. 71), per la figura di Angus Manibuche, a mio avviso,  una delle più riuscite ed originali di tutta la storia, se è possibile stilarne una classifica.

        Si sente nell’aria che ci sono occasioni da prendere al volo... Paperone ha ancora tredici anni, in questo secondo capitolo della Saga, eppure ha già il fiuto per gli affari. Infatti sono questi i suoi primi pensieri, una volta toccato il suolo dell’affollatissima città americana di Louisville (tra l’altro, anche città natale dello stesso Don Rosa), giuntovi alla ricerca del suo zio paterno Angus Manibuche, noto per la sua inclinazione al gioco d’azzardo.
        Paperone riceverà importanti spunti per le sue avventure, la ricchezza che persegue, ma si imbatterà anche nei suoi “primi nemici”, accorgendosi che un uomo onesto, sulla propria strada, incontrerà sempre prima o poi qualcuno deciso a rovinargli la festa...
        In questo capitolo Don Rosa attinge, fra le altre, a queste fonti: Zio Paperone e la Regina del Cotone (del 1955, pubblicata su Zio Paperone n. 71), per quanto riguarda la sfida fra Angus Manibuche e Porcello Suinello e Zio Paperone e la gara sul fiume (1957, Zio Paperone n. 59), per gli avvenimenti sul Mississippi e la comparsa di alcuni personaggi (amici e nemici) assolutamente determinanti.

        Murdo, ecco uno che ha la stoffa del grande uomo... non immaginereste mai chi pronuncia questa frase, interloquendo con un amico, alla fine del terzo capitolo della Paper Dinastia, per descrivere il giovane Paperone. Credo sia meglio che freniate la vostra curiosità, perché la sorpresa è davvero dietro l’angolo...
        Questo capitolo della Saga è comunque determinante, per il futuro di Paperone, che decide di rimanere nelle praterie del Montana, in cui aveva prestato lavoro presso un ricco proprietario di bestiame, solo per due anni, in previsione di nuovi viaggi.
        Per raccontarci tutto questo, Don Rosa ha tratto informazioni da queste storie: Paperino e il mistero degli Incas (1949, Zio Paperone n. 88), per il riferimento alle uova quadrate; Zio Paperone monarca del bestiame (1967, Zio Paperone n. 71), per il riferimento ai fratelli fuorilegge Mc Viper.

        Dovrebbero costruire un monumento qui, da qualche parte! Una statua che dia il benvenuto a quanti arrivano qui, inseguendo il sogno di diventare qualcuno... Lo dice Paperone, nell’ultima pagina del quarto capitolo, quando su una nave che sta attraccando al porto di New York, si appresta ad imbarcarsi nuovamente su un altro bastimento che lo ricondurrà in Scozia, a trovare i familiari, che hanno invocato il suo aiuto per una grave crisi del Clan. In questo capitolo, Paperone incontra un personaggio che lo aiuterà davvero a diventare qualcuno, ma anche ad aggiungere alla sua lista di “rivali” un nome nuovo.
        Le storie di Barks cui Don Rosa si è ispirato sono queste: Zio Paperone e la disfida dei dollari (1952, pubblicata su Zio Paperone n. 71), in cui Paperone afferma di essere stato cercatore d’oro nel Montana; Zio Paperone e la cassa di rafano (1953, Zio Paperone n. 73), per i riferimenti alla dentiera d’oro, come cimelio di famiglia.

        Allora è il momento di partire! Mi sento dentro la certezza di essere destinato a qualcosa di grande. Non fallirò per sempre... ovviamente è sempre Paperone a pronunciare queste parole, in conclusione del quinto capitolo. Il giovane papero intravede nell’arcobaleno di Colle Fosco un presagio, che gli suggerisce che diventerà un cercatore d’oro. Ma Paperone sa che, pur con la tenacia che lo contraddistingue, il suo cammino non sarà facile.
        Don Rosa, fra le altre, si è ispirato a queste storie barksiane: Zio Paperone e il fiume d’oro (1958, pubblicata su Zio Paperone n. 95), in cui Paperone dichiara di provenire da una famiglia umile; Paperino e il segreto del vecchio castello (1948, Zio Paperone n. 70), in cui si rivela l’identità di molti antenati di Paperone.

         Nessuno può prendersi gioco di me... Paperone lo grida a gran voce, nel sesto capitolo, dopo essersi reso conto di essere stato truffato da colui che reputa come la persona più infida che abbia mai conosciuto.
        Non vi rivelo l’identità di questo personaggio. Si sappia solo che Paperone lo incontra in Sud Africa, luogo in cui si reca per cercare l’oro, e che va aggiunto al libro nero di Paperone, in quanto diventerà uno dei suoi più acerrimi nemici.
        Ecco le storie da cui ha attinto Don Rosa: Zio Paperone e la corsa all’oro (1964, pubblicata su Zio Paperone n. 17), nella quale Paperone racconta di aver partecipato alla corsa all’oro in Africa; Paperino e il torneo monetario (1956, Zio Paperone n. 75), per il personaggio “infido” che ha truffato Paperone.

         Il sogno mi sta forse dicendo di andare verso Nord? Verso le montagne rocciose?... siamo alla fine del settimo capitolo della Saga. Paperone ha vissuto esperienze non proprio gratificanti in Australia, dove si era recato per cercare l’oro, seguendo il presagio dell’arcobaleno di Colle Fosco. In questo capitolo Paperone non trova l’oro, ma fa la conoscenza di un personaggio che riesce ad aprirgli la mente, già orientata verso il pragmatismo e il materialismo che lo contraddistinguono, in modo tale da indirizzarlo, forse, verso la giusta direzione.
        Fra le altre storie di Barks, Don Rosa ha fatto affidamento su questa: Zio Paperone e la corsa all’oro (1964, Zio Paperone n. 17), dalla quale l’eclettico autore della Paper Dinastia ricava l’informazione relativa alla partecipazione di Paperone alla corsa all’oro in Australia.

        Se fosse davvero oro, tutto questo finirebbe. Sarei ricco, ma non sarei mai più lo stesso... Paperone è attanagliato da questo dubbio, nell’ultima pagina dell’ottavo capitolo, un momento prima di scoprire di avere l’opportunità di diventare uno dei paperi più ricchi dell’Alaska.
        Capitolo insolito, questo, non voglio svelare perché. Basti sapere solo che qui viene sfatato uno dei più grandi tabù disneyani.
        Ecco le storie cui Don Rosa si è ispirato: Zio Paperone e la stella del Polo (1953, pubblicata su Zio Paperone n. 77), per la figura di Doretta Doremi; Zio Paperone a nord dello Yukon (1965, pubblicata su Zio Paperone n. 24), per la cronologia delle vicende e l’introduzione del personaggio di Soapy Slick.

        Le highland scozzesi sono troppo ancorate al passato, mentre la mia vita è legata al futuro! In paesi lontani! Nel progresso... Siamo nel nono capitolo,  e Paperone ha finalmente consolidato la sua ricchezza. Può infatti tornare dalla sua famiglia in Scozia, da trionfatore, con la dignità sua e del clan finalmente riconquistata.
        Ma Paperone si rende conto di aver perso il senso, il costume, l’amore per le tradizioni della sua terra. Paperone... parti con le tue sorelle. Portale in America, verso una vita nuova! Con questa frase, sempre nello stesso capitolo, Fergus De Paperoni da l’ultimo incoraggiamento al suo figlio ormai già milionario, perché possa costruirsi e consolidare un vero impero, senza correre il rischio di vederlo sfumare a causa dell’invidia e dell’arretratezza della gente della sua patria natia. Questo è un capitolo di svolta nella Saga, perché Paperone  si appresta a diventare quello che tutti noi conosciamo...
        Don Rosa si è documentato grazie alle seguenti storie: Zio Paperone e la stella del Polo (del 1953, pubblicata su Zio Paperone n. 77), per le notizie che riguardano Doretta Doremi; Zio Paperone a nord dello Yukon (del 1965, pubblicata su Zio Paperone n. 24), per il riferimento a Soapy Slick.

        Gentile signora, meglio abituarsi a quell’“edificio bruttissimo”... perché resterà lì, per sempre! Paperone ha già le idee chiare, una volta giunto sulla costa ovest degli Stati Uniti, su quella baia abitata da così poche persone, per lo più contadini. Avete indovinato a quale”edificio bruttissimo” si riferisce il protagonista della Paper Dinastia, nell’ultima pagina del decimo capitolo?
        Anche questo capitolo è denso di avventure. Per narrarcele, Don Rosa ha tratto ispirazione da: Paperino e il nascondiglio nascosto (del 1959, pubblicata su Zio Paperone n. 57); Zio Paperone e i guai del progresso (1956, Zio Paperone n. 79); Paperino contro l’uomo d’oro (1952, Zio Paperone n. 32), per il nome dello Stato del Calisota.

        Sono il papero più ricco del Mondo! Io! Buuuaah-ah.ahhh! Così si conclude l’undicesimo capitolo della Saga. Paperone ha raggiunto il suo sogno: essere il papero più ricco del Mondo. Ma a che prezzo? Non voglio spingermi oltre.
        Sono queste le storie di Barks che hanno ispirato Keno Don Rosa: Paperino e il feticcio (1949, pubblicata su Zio Paperone n. 80), per i riferimenti allo stregone Matumbo, al Gongoro e, soprattutto, all’unica azione veramente disonesta di tutta l’esistenza di questo inarrestabile palmipede; Zio Paperone e un problema da nulla (1961, Zio Paperone n. 73), per il riferimento alla tribù africana dei Quack quack.

        Scommetto che è uno smidollato, una femminuccia viziata. E se ha tonnellate di denaro, le avrà ereditate, centesimo su centesimo... Nelle prime pagine di questo dodicesimo e ultimo capitolo della Saga, quattro personaggi si apprestano a conoscere di persona l’ormai celebre Paperon de Paperoni. Chi sono? Chi di loro pronuncia quella frase così acida nei confronti del Papero più ricco del Mondo?
        Tra le storie da cui Don Rosa ha tratto elementi per raccontarci questo epilogo della Saga, spicca questa: Zio Paperone e il Natale sul monte Orso (del 1947, pubblicata su Zio Paperone n. 75), la storia di esordio di Paperone.


PAPERON DE’ PAPERONI: UN PERSONAGGIO STORICO

        Un'altra caratteristica che fa della Paper Dinastia uno dei capolavori del fumetto Disney è il continuo inserimento della figura di Paperon de’ Paperoni all’interno di una cornice di eventi storici realmente accaduti, spesso con l’accostamento al protagonista di politici, banditi e affaristi che conosciamo oggi grazie al libro di Storia, e che grazie  a Don Rosa hanno potuto condividere qualche istante della loro vita confrontandosi (e a volte scontrandosi) con il Papero più ricco ed avventuroso del mondo.
        La tentazione di entrare nel dettaglio e rivelare notizie essenziali sull’argomento è per me forte, ma mi trattengo, consapevole che la maggior parte dei lettori di questo scritto preferirà indubbiamente scoprire volta per volta le incredibili sorprese che l’autore italo americano della Saga ci riserva nella sua opera.
        A titolo di esempio, mi limito a citare i seguenti eventi storici, che sono noti ai più: la partecipazione di Paperone alla corsa all’oro in Sud Africa, in particolare nel Rand, distretto aurifero presso Johannesburg; in quel contesto vengono citati i fatti storici della scoperta dell’oro nel Transvaal e dell’esistenza della gigantesca miniera di diamanti di Kimberly.
        Un altro evento realmente accaduto è la corsa all’oro in Australia, cui Paperone, ovviamente, partecipa. Don Rosa si ispira all’ormai già citata storia barksiana Zio Paperone e la corsa all’oro (1964, Zio Paperone n. 17), in cui l’anziano papero racconta delle sue avventure in Australia,con queste parole: Sfrecciai verso i giacimenti australiani di Kalgoorlie nel marsupio di un canguro saltellante!  La cittadina di Kalgoorlie è realmente esistita, ed è effettivamente stato un centro attivo nell’Ottocento per quanto riguarda la corsa all’oro nella terra dei Koala.
        Non si possono non citare, in questa sede, gli episodi che narrano il periodo in cui Paperone partecipa alla corsa all’oro nel Klondike: queste vicende, a tutt’oggi, forse sono le più conosciute dai lettori dei fumetti disneyani, per quanto riguarda la vita avventurosa di Paperone.
        In particolare l’inserimento nell’ottavo capitolo della Saga di un personaggio storico piuttosto famoso (di cui non voglio rivelare l’identità), rende queste pagine dell’opera di Don Rosa tra le meglio ricostruite, storicamente parlando. Senza contare la cura minuziosa con cui l’autore si appresta a dipingere la vita quotidiana a Dawson, città esistente nell’Alaska del Sud e fiorente insediamento commerciale, sviluppatosi proprio negli ultimi anni dell’Ottocento.
        Don Rosa si documenta anche sull’evento realmente accaduto della rivendicazione della ricchissima miniera di rame della Collina dell’Anaconda, il cui proprietario era Marcus Daly, da parte di un cercatore sulla base della Legge della sommità. Don Rosa narra anche dell’introduzione della luce elettrica a New York, nel 1882.
        Ci sono innumerevoli altri episodi in cui Don Rosa mischia fatti storici alla pura fantasia, non meno importanti di questi; tuttavia ritengo che quelli citati siano anche i più conosciuti.


PAPERON DE’ PAPERONI, METAFORA DI VITA VISSUTA E DEDIZIONE, SIMBOLO DEL SOGNO AMERICANO:  LE RAGIONI DELLA FORTUNA DELLA PAPER DINASTIA

        Paperon de’ Paperoni non è, quindi, un semplice personaggio dei fumetti, per quanto più elaborato ed originale degli altri. Paperone è l’esasperazione di quella formula racchiusa in un  passo della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America, emessa nel 1776, che è la ricerca della felicità (the pursuit of happiness). Paperon de’ Paperoni insegue con determinazione il suo sogno, quello di ridare lustro al suo Clan, ormai decaduto da molti anni. Paperone non si arrende di fronte a niente e nessuno, pur inciampando più di una volta in ostacoli di fronte ai quali qualunque altro papero che potesse considerarsi temerario sarebbe recesso.
        E dei numerosi personaggi della Disney, in cui forse tutti noi ci riconosciamo almeno in minima parte (soprattutto Paperino), Paperone è quello meno comune, il più eroico, quello dalla vita più movimentata. Eppure rappresenta in pieno lo spirito del lavoratore, del risparmiatore, di colui che è sempre pronto al sacrificio e alla rinuncia pur di raggiungere il suo obiettivo. Non è un caso, infatti, se quando gli si domandano informazioni sul suo portafortuna, la celebre “numero uno”, Paperone inorridisca e vada su tutte le furie, sottolineando il fatto che non si tratta di un “portafortuna”, bensì di un’ispirazione.
        Barks, forse volontariamente, o forse no, ha dato vita ad un personaggio che negli anni è diventato la bandiera del liberalismo americano, dello sforzo, del duro lavoro, per ricercare la felicità, diventando simbolo di un capitalismo onesto, ormai “merce assai rara”.
        Per questo motivo la Paper Dinastia ha avuto così fortuna: Don Rosa, grazie alla sua genialità ed eccletticità, ha saputo estrapolare queste caratteristiche dal Paperone barksiano, spiegandoci come abbia fatto a diventare l’emblema di questo stile di vita.
        Ed anche chi è sempre stato titubante nel riconoscere l’originalità dell’universo disneyano, non può non ammettere, anche sotto quest’aspetto, che, leggendo questa biografia del papero più ricco del mondo, si è di fronte ad un vero capolavoro della letteratura mondiale, un perfetto connubio tra arte, storia e sociologia, tenute insieme da un collante molto potente: la fantasia.


Paperon de' Paperoni, il papero più avventuroso del mondo.



I disegni sono dell'autore.



[1] D’ora in avanti userò alternativamente le due denominazioni italiane.
[2] L’accostamento di questi due termini antitetici è voluto, e la sua ragione risulterà più chiara nel corso di questo scritto.
[3] Talvolta è impresa ardua per gli appassionati riuscire ad individuare la scritta D.U.C.K. nella prima tavola di ogni capitolo della Saga.

20 commenti:

  1. I disegni sono carini, e tu ti preoccupavi!

    Comunque al fatto del deposito con cupola non ci avevo mai pensato... In effetti, se vogliamo anche pensare che nel cartone Paperone non ci vive mentre nel fumetto sì, inizieremmo a trovare un mare di differenze!

    That's good! ;)

    RispondiElimina
  2. Grazie.

    Comunque nel disegno del deposito c'è un tributo a questo blog, anche se per ragioni tecniche ho dovuto ridurre le dimensioni e non si riesce a leggere.

    RispondiElimina
  3. molto bello l'articolo, rich!!!

    bravo ;)

    RispondiElimina
  4. Bella Rich!

    seppure Don Rosa non mi abbia mai entusiasmato. la Saga però non l'ho mai letta, dovrei rimediare.

    RispondiElimina
  5. Ma che hai scritto? "State alla larga..." poi?

    RispondiElimina
  6. C'è scritto: "stai alla larga, se non sei un lettore di Imagoaltrove!".

    RispondiElimina
  7. Peccato! Non si legge!! :(

    RispondiElimina
  8. noooooo, rich ti mando un pvt

    RispondiElimina
  9. Comunque anche nei simpson non esiste una mappa precisa di Springfield..ogni volta accanto o di fronte alla loro casa c'è un panorama diverso!

    RispondiElimina
  10. Io della topologia di casa Simpson so di certo che è accanto a quella dei Flanders. Ed una volta scoprii che in realtà il giardino di Homer confinava col parcheggio della centrale nucleare!

    RispondiElimina
  11. Cavolo uto..il tuo ultimo post sembra scritto da Mario! ;-)


    Io ricordo di quella volta che di fronte alla loro casa apparve la villa in cui poi si insediò Bush!


    Comunque è vero che vale lo stesso discorso per Paperopoli e la case dei vari personaggi.

    RispondiElimina
  12. io amo paperino!!!


    ok ok, mi defilo

    RispondiElimina
  13. Molto interessante come articolo. Complimenti, Rich.


    Ma vi rendete conto. Dopo un attentissimo lavoro d'analisi, basato essenzialmente sui luoghi menzionati nelle varie puntate della serie dei Simpson, due ricercatori della California State Polytechnic University di Poloma, tali Jerry Lerma e Terry Hogan, sono riusciti a disegnare una minuziosa mappa di Springfield.


    http://www.mapofspringfield.com/map/quadfive.html

    RispondiElimina
  14. Molto interessante questo articolo^^ proprio ieri sul mio blog ho scritto un pezzo sull'ultimo dei capitoli "extra" della saga "La prigioniera del fosso dell'Agonia bianca". Questi extra, come "Cuori nello Yukon", "Una lettera da casa" e altri, secondo me sono i migliori perché oltre a legarsi alla biografia di Paperone hanno uno spazio maggiore, non dovendo seguire troppo strettamente le linee di Barks, e questo permette una maggiore libertà narrativa e quindi un maggiore coinvolgimento

    RispondiElimina
  15. Mulaki ha risolto il problema: ora nel primo disegno si legge. :-)

    RispondiElimina
  16. " Riesco a vedere! " (cit.)

    Che mondo sarebbe, senza Mulaky?

    :D

    RispondiElimina
  17. NOVANTADUE MINUTI DI APPLAUSI!!


    Bravissimo Rich

    RispondiElimina